Indice dei contenuti
Il romanzo Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood è una lettura di vitale importanza per chi è interessato alla letteratura distopica. La storia è ambientata in una nuova società, nata da un mondo devastato dalle radiazioni atomiche, chiamata Repubblica di Galaad (o Repubblica di Gilead, o Regime di Gilead, o Regime Totalitario di Gilead, o Repubblica di Gilead... avere una versione sola sarebbe stato troppo banale), un regime totalitario governato da una teocrazia patriarcale e oppressiva. Gli individui sono divisi in classi rigidissime, le donne sono considerate proprietà degli uomini e sono costrette ad adempiere doveri riproduttivi.
Il racconto dell'ancella, pubblicato nel 1985, è diventato uno dei libri più venduti della casa editrice McClelland and Stewart, ed è stato ampiamente acclamato dalla critica. Molti lo hanno paragonato al romanzo distopico di George Orwell 1984 per la sua descrizione accurata di una società totalitaria e per il suo impatto duraturo sulla cultura popolare.
L'opera segue la storia di Difred, una delle ancelle incaricate di generare figli per gli uomini dell'élite di Gilead. Difred viene coinvolta in un movimento clandestino per ribellarsi contro il regime oppressivo e trovare un modo per fuggire dalla sua prigione dorata.
Il racconto dell’ancella: quarta di copertina
In un mondo devastato dalle radiazioni atomiche, gli Stati Uniti sono divenuti uno Stato totalitario, basato sul controllo del corpo femminile. Difred, la donna che appartiene a Fred, ha solo un compito nella neonata Repubblica di Galaad: garantire una discendenza alla élite dominante. Il regime monoteocratico di questa società del futuro, infatti, è fondato sullo sfruttamento delle cosiddette ancelle, le uniche donne che dopo la catastrofe sono ancora in grado di procreare. Ma anche lo Stato più repressivo non riesce a schiacciare i desideri e da questo dipenderà la possibilità e, forse, il successo di una ribellione. Mito, metafora e storia si fondono per sferrare una satira energica contro i regimi totalitari. Ma non solo: c'è anche la volontà di colpire, con tagliente ironia, il cuore di una società meschinamente puritana che, dietro il paravento di tabù istituzionali, fonda la sua legge brutale sull'intreccio tra sessualità e politica. Quello che l'ancella racconta sta in un tempo di là da venire, ma interpella fortemente il presente.
Riassunti dei capitoli e citazioni
Ho raccolto le frasi che più mi hanno colpito mentre leggevo Il racconto dell’ancella, corredate dai comodissimi riassuntini che scrivevo alla fine di ogni paragrafo. Essendo questi molti e relativamente brevi mi sono stati di grande aiuto per reggere le fila. Ma prima una galleria con le copertine più belle di varie edizioni de Il racconto dell'ancella che ho trovato!
L’organizzazione dei capitoli
Il racconto dell'ancella è un'opera di narrativa distopica suddivisa in 15 capitoli più una nota finale, e ogni capitolo è formato a sua volta da uno o più paragrafi, per un totale di 46 (47 se considero la nota finale) paragrafi. Per ognuno di essi ho scritto un breve riassunto, a cui ho poi associato le citazioni che più mi hanno colpito.
Riassunti e citazioni
Il racconto dell’ancella Capitolo I. Notte
1. L’ambiente è decadente, rimangono solo le tracce di un passato prospero. Vengono presentate le Guardie, gli unici a poter usare pistole come arma, le Zie e cinque donne: Alma, Janine, Dolores Moira e June.
Ci struggevamo al pensiero del futuro. Come l’avevamo appresa, quella disposizione all’insaziabilità?
Gli Angeli stavano dall’altra parte, voltati di schiena verso di noi. Erano oggetto di paura per noi, ma anche di qualcos’altro. Se solo ci avessero guardato. Se solo avessimo potuto parlare con loro. Si sarebbe potuto stabilire uno scambio, pensavamo, un accordo, un baratto. Avevamo ancora il nostro corpo. Erano queste le nostre fantasie.
Il racconto dell’ancella Capitolo II. La spesa
2. Si deduce che il punto di vista della narrazione sia di un’appartenente a una casta, e viva in una casa con altri appartenenti ad altre cose. Lei è una Rossa.
Non sprecare e non ti mancherà niente.
So perché non c’è il vetro sull’acquerello di giaggioli blu, e perché la finestra si apre solo in parte, e perché è di cristallo infrangibile. Non temono che ce ne andiamo di nascosto. Non arriveremmo lontano. Temono altre fughe, quelle che puoi aprirti dentro, se hai un oggetto con un bordo tagliente.
Nel corridoio c’è un orologio a pendolo che, parco, amministra il tempo
Desidero ardentemente toccare qualcosa di diverso dalla stoffa o dal legno. Desidero commettere l’atto del toccare.
3. La protagonista ripensa a quando è arrivata nella casa la prima volta, e ha conosciuto la moglie del Comandante. Si è trattato di una presentazione fredda, formale. Ricordò di averla già vista in TV da piccola in un programma religioso per bambini: il suo nome è Serena Joy.
È buona cosa avere delle piccole mete che si possono facilmente conseguire.
C’è sempre un mercato nero, c’è sempre qualcosa che può essere scambiato.
4. La protagonista, di cui ancora non conosciamo il nome, deve recarsi al centro della città, e ci si può recare solo con una compagna – Digen. Le due compagne hanno il compito di controllarsi a vicenda. Passando un posto di blocco sono notate da due giovani Guardie. Il loro rango non gli permette di avere una compagna, vivono in caserma con l’obiettivo di scalare la graduatoria e migliorare le proprie condizioni. Il fatto di sentirsi osservate e di sapersi irraggiungibili da parte dei due sono piccoli avvenimenti, e rappresentano piccole sfide al potere.
È nera, il colore di un’automobile di prestigio o di un carro funebre, è lunga e lucente. L’autista la lucida con una pelle di camoscio, amorevolmente. Questo almeno non è cambiato, il modo in cui gli uomini accarezzano le buone automobili.
Non ero brava ad aspettare. Serve anche sapere aspettare, diceva Zia Lydia. Ce lo faceva imprimere nella memoria. Diceva anche: Non tutte tra voi ce la faranno fino in fondo. Qualcuna cadrà su un terreno arido o spinoso. Qualcuna di voi ha radici superficiali. Aveva una verruca sul mento che andava su e giù mentre parlava. Diceva: Consideratevi come dei semi, e in quell’istante la sua voce era carezzevole, cospiratoria, come le voci di quelle donne che tenevano corsi di balletto per bambini, e dicevano: Ora braccia all’insù, nell’aria, facciamo finta di essere degli alberi.
Non ci è permesso andarci se non in due. Si dice che sia per proteggerci, ma è assurdo: siamo già ben protette. La verità è che lei è la mia spia, così come io sono la sua. Se una di noi passa tra le maglie della rete per via di qualcosa che accade durante una delle nostre passeggiate quotidiane, l’altra sarà ritenuta responsabile.
Non è il genere di cose su cui fare domande, perché la risposta di solito non è quella che vuoi avere.
sono affamata di notizie, di qualsiasi genere di notizie. Anche se sono notizie false, devono pur significare qualcosa.
I Custodi non sono dei veri soldati. Vengono usati per operazioni di polizia e altre funzioni secondarie, come zappare il giardino della Moglie del Comandante, per esempio, e sono stupidi o anziani o invalidi oppure giovanissimi, a prescindere da quelli che sono Occhi in incognito. Questi due sono giovanissimi: uno ha i baffi ancora radi, l’altro il viso pieno di brufoli. La loro giovinezza è commovente, ma so che non posso lasciarmi ingannare. I giovani sono spesso i più pericolosi, i più fanatici, i più imprudenti con le armi. Non hanno avuto il tempo di imparare a vivere. Con loro si deve andare cauti.
La sua pelle è pallida e ha un aspetto molle e malaticcio, come la pelle sotto una crosta.
È un avvenimento, una piccola sfida alle regole, così piccola da non poter esser scoperta, ma questi attimi sono le ricompense che mi offro, come le caramelle che, da bambina, accumulavo in fondo a un cassetto. Questi attimi sono possibilità, spiragli.
Poi scopro che dopo tutto non mi vergogno. Mi piace il potere; il potere di stuzzicare un cane con un osso, un potere passivo ma reale.
5. Durante i loro acquisti in città, la protagonista e Diglen incontrano un’ancella incinta di un’altra casa, e tutte le altre ancelle la accusano di nascosto di esibizionismo. Successivamente incontrano turisti giapponesi in abiti occidentali. La nostra protagonista pensa che una volta anche lei e Luke (suo marito, forse?) si vestivano così. I turisti chiedono di poterla fotografare ma ottengono un rifiuto in risposta. Alla domanda se fossero felici hanno un momento di esitazione, poi Diglen risponde di sì.
Moltiplicata per due, cammino per la strada.
Esiste più di un genere di libertà, diceva Zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia, c’era la libertà di. Adesso vi viene data la libertà da. Non sottovalutatelo.
Gli studenti la frequentavano moltissimo; ogni primavera si teneva un festival di Humphrey Bogart, con Lauren Bacall oppure Katharine Hepburn, donne indipendenti, che disponevano liberamente della propria vita. Indossavano camicette con i bottoni sul davanti che suggerivano le possibilità della parola aprirsi. Queste donne potevano lasciarsi aprire; oppure no. Sembravano in grado di scegliere. Anche noi sembravamo in grado di scegliere, allora. Eravamo una società che moriva per troppa libertà di scelta, diceva Zia Lydia.
6. Sulla via del rientro le due donne si fermano in una chiesa trasformata in museo, con tanto di cadaveri appesi incappucciati. La protagonista è felice che Luke non sia nessuno di loro: sono medici che praticavano l’aborto.
Sono i sacchi sui capi la cosa peggiore, peggio di quanto sarebbero le stesse facce, fanno sì che gli uomini sembrino bambole su cui non sono ancora stati dipinti gli occhi, il naso, la bocca, simili a spaventapasseri, e in un certo senso lo sono, poiché la loro funzione dev’essere, appunto, quella di spaventare.
Non è una scusante che le loro azioni fossero legali a quel tempo: i loro crimini sono retroattivi.
Il racconto dell’ancella Capitolo III. Notte
7. La protagonista ricorda il suo passato, quando era libera da ragazza e di quando una volta con sua madre – fervida sostenitrice dei diritti delle donne – ha partecipato a una manifestazione in cui la gente bruciava libri, libri scolastici, libri universitari e riviste. Si fa un riferimento a sua figlia, probabilmente morta.
La differenza tra giacere e dover stare a letto. Dover stare a letto è un concetto passivo
I volti erano felici, quasi estatici. Il fuoco può fare questo effetto.
Mi piacerebbe credere che sto raccontando una storia.
Il racconto dell’ancella Capitolo IV. Sala d’attesa
8. Si scopre che è avvenuta una guerra fra sette. La protagonista ragiona di Zia Lidia, di Serena J. e del Comandante, incontrato in corridoio la sera, dove non sarebbe dovuto esserci.
Era sul Time o su Newsweek, mi pare, a quell’epoca si meritava ancora un articolo.
Non cantava già più, teneva discorsi. Era brava. I suoi discorsi trattavano della santità della casa, di come le donne dovessero restare a casa. Lei non si atteneva personalmente a quei principi, ne parlava soltanto, ma dava a intendere questa sua manchevolezza come un sacrificio che compiva per il bene di tutti.
9. La nostra trova un messaggio (proibito) in camera, cerca di informarsi su chi fosse l’occupante della stanza prima del suo arrivo ma ottiene solo risposte parziali.
Ma Rita si è incollata le labbra. Io qui sono come una bambina, ci sono cose che non mi si devono dire. «Ciò che non sai non ti farà soffrire» è stato tutto quello che mi ha detto.
10. Lei pensa al Comandante, i sentimenti nei suoi confronti sono confusi.
Non so se le parole sono giuste. Non riesco a ricordare. Questi canti non si sentono più in pubblico, specialmente quelli che hanno parole come libera. Sono ritenuti troppo pericolosi. Appartengono a sette messe al bando.
Ignorare non è come non sapere, ti ci devi mettere di buona volontà.
11. Durante una visita medica periodica, il medico le propone di farsi mettere incinta da lui per dimostrare di appartenere alle donne fertili: se non darà un figlio al comandante sarà classificata non-donna e cacciata. Rifiuta per non infrangere regole ma è molto turbata.
È sincero, solidale e tuttavia si compiace della sua solidarietà.
12. La figlia della voce narrante è stata data in adozione, probabilmente le hanno detto che lei è morta. Dovrebbe avere otto anni.
Evito di osservare il mio corpo, non perché pensi che sia svergognato e impudico, ma perché non voglio vederlo. Non voglio vedere qualcosa che mi definisca così completamente.
Ho imparato a fare a meno di moltissime cose. Se avete tante cose, diceva Zia Lydia, vi attaccate troppo a questo mondo materiale e vi dimenticate dei valori spirituali. Dovete coltivare la povertà di spirito. Beati gli umili. Non proseguiva, non diceva «beati gli umili perché possederanno la terra».
Il racconto dell’ancella Capitolo V. Il sonnellino
13. Nella casa del Comandante viene a vivere Moira, che la protagonista aveva già notato da qualche parte in passato per via dei suoi capelli corti; si accordano in segreto di incontrarsi nei bagni per parlare. Di notte a un incubo del periodo prima della sottomissione.
Occupare il tempo. Questa è una cosa alla quale non ero preparata: la quantità di tempo vuoto, le lunghe parentesi di niente. Il tempo come un canto fermo.
So che le Zie non di servizio se ne andavano nella sala insegnanti per una tazza di caffè o qualsiasi altra bevanda chiamassero con quel nome.
È Janine che racconta di essere stata stuprata da una banda a quattordici anni e di avere poi abortito. Ha raccontato la stessa storia la settimana scorsa. Sembrava quasi che ne fosse orgogliosa. Potrebbe persino non essere vero. Durante la Testimonianza, è più sicuro inventarsi qualcosa piuttosto che dire che non hai nulla da raccontare. Ma poiché si tratta di Janine, probabilmente è vero, più o meno. «Ma a chi va data la colpa?» chiede Zia Elena, sollevando un dito paffuto. «A lei va data la colpa, a lei, a lei» salmodiamo all’unisono. «Chi li ha provocati?» Zia Elena è raggiante, contenta di noi. «Lei. È stata lei. Lei». «Perché Dio ha lasciato che accadesse una cosa tanto terribile?» «Per darle una lezione. Darle una lezione. Una lezione».
«Che le hanno fatto?» sussurravamo, di letto in letto. Non so. Non saperlo peggiora le cose.
Ero solita pensare al mio corpo come a un veicolo di piacere, o a un mezzo per spostarmi da un luogo all’altro o uno strumento per compiere la mia volontà.
Il racconto dell’ancella Capitolo VI. La famiglia
14. Esiste una routine nella giornata in cui alle ancelle è concesso essere presente mentre Serena J. segue il notiziario. La protagonista ripensa al passato quando tentò di scappare dal paese con Luke e sua figlia.
15. Il Comandante legge alcuni passi delle sacre scritture in cui la Bibbia giustifica la loro schiavitù per generare un suo figlio. Moira fingere un malessere ma viene scoperta e punita.
A colazione era il momento delle Beatitudini. Beato questo, beato quest’altro. Erano incise su un disco, la voce era di un uomo. Beati i poveri di spirito, perché loro sarà il regno dei cieli. Beati i misericordiosi. Beati i mansueti. Beati i silenziosi. Sapevo che questo se l’erano inventato, che era sbagliato, e che inoltre tralasciavano molte cose, ma non c’era modo di verificarlo. Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. Nessuno diceva quando.
16. La Cerimonia per generare un figlio prevede che la protagonista stia a contatto con la moglie del Comandante mentre sta giacendo con lui, perché anch’ella sia coinvolta.
17. Ritornata alla sua stanza si spalma un pezzo di burro che si è tenuta da parte per ammorbidire la sua pelle. Più tardi incontra Nick, che la bacia e le comunica che il Comandante vuole parlare con lei.
Mi spalmo il burro sulla faccia, cerco di farlo penetrare nella pelle. Non ci sono più lozioni per le mani o creme per il viso, non per noi. Sono considerate vanità. Noi siamo dei contenitori, è solo il dentro dei nostri corpi che è importante. L’esterno può indurirsi e divenire rugoso, come il guscio di una noce. È stata decretata dalle Mogli questa assenza di lozioni per le mani. Loro non vogliono che noi siamo attraenti. Per loro va già abbastanza male così.
Il racconto dell’ancella Capitolo VII. Notte
18. Ipotizza alcuni possibili scenari riguardo il destino di Luke, che le è ignoto.
Credo che Luke sia sdraiato a faccia in giù in una siepe, in un groviglio di felci, le fronde marroni dell’altr’anno sotto quelle verdi appena aperte, o forse è cicuta, sebbene sia ancora troppo presto per le bacche rosse. Restano di lui i capelli, le ossa, la camicia di lana a scacchi verdi e neri, la cintura di cuoio, gli stivali da lavoro. So esattamente che cosa indossava. Mentalmente posso vedere i suoi vestiti, nitidi come in una litografia o in una pubblicità a colori di una vecchissima rivista, ma non il suo viso, o almeno non così chiaramente. Il suo viso sta cominciando a sbiadire, probabilmente perché non era sempre lo stesso, era imprevedibile, a differenza dei suoi abiti. Prego che i fori dei proiettili (due o tre, ci fu più di uno sparo) siano stati uno vicino all’altro, prego che almeno un foro sia stato preciso, veloce, nel trapassare il cranio, il luogo dov’erano tutte le immagini, così che ci sia stato un solo unico attimo di dolore sordo, come la parola tonfo, soltanto quello e poi il silenzio.
Il corpo è facilmente danneggiabile, facilmente eliminabile, è fatto di acqua e sostanze chimiche, è poco più di una medusa sulla sabbia.
Ci dev’essere una resistenza, altrimenti da dove vengono tutti quei criminali, alla televisione?
Il racconto dell’ancella Capitolo VIII. Nascita
19. Il tasso di natalità è crollato a causa delle radiazioni, e i nuovi nati devono essere approvati o dichiarati non-bambini. Le donne si dirigono in ospedale con la Partomobile.
tende ricadenti come i capelli bianchi di un annegato.
L’essere sana di mente è un patrimonio che accumulo come un tempo la gente accumulava il denaro. Lo metto da parte, per quando sarà il momento.
A che darà vita Diwarren? A un bambino, come tutte speriamo? O a qualcos’altro, un Nonbambino, con una testa a capocchia di spillo, o un muso come quello di un cane, o due corpi, o un foro nel cuore, o senza braccia, o con le mani e i piedi palmati? Non si può sapere. Un tempo potevano saperlo, con le macchine, ma questo adesso è proibito dalla legge. E a che scopo saperlo, comunque? Non ci si può far niente; le gravidanze devono essere portate a termine.
20. La protagonista racconta alcuni benefici riservati alle partorienti e ripensa ai racconti di sua madre sulle lotte per i diritti femminili.
Siete una generazione di transizione, diceva Zia Lydia. Per voi è più difficile. Sappiamo che da voi si attendono dei sacrifici. È duro subire l’oltraggio degli uomini. Per quelle che verranno dopo, sarà più facile, perché accetteranno il loro dovere con cuore volonteroso. Non diceva: perché non avranno ricordi. Diceva: perché non vorranno cose che non possono avere.
Un uomo è semplicemente la strategia di una donna per fare altre donne.
Non valgono più delle donne, tranne che per aggiustare l’automobile e giocare al pallone, proprio quello di cui abbiamo bisogno per il miglioramento della razza umana, giusto?
Porco sciovinista diceva. Non è stramba tua madre? diceva Luke, e lei assumeva un’aria sorniona, furtiva. Ne ho il diritto, diceva, sono abbastanza vecchia. Ho pagato il mio scotto, posso permettermi di essere stramba. Tu hai ancora il muso sporco di latte. Quanto a te, aggiungeva rivolta a me, sei troppo superficiale, un fuoco di paglia. La storia mi darà ragione.
21. Janine partorisce una bambina apparentemente sana. Janine verrà trasferita in un’altra casa per generare altri figli, e non verrà mai dichiarata non-donna e inviata nelle temute Colonie. Le mogli hanno il compito di scegliere il nome della neonata; il nome scelto è Angela.
Ma chi può ricordare il dolore, una volta passato?
Sediamo sulle nostre panche, l’una di fronte all’altra, mentre ci trasportano; senza più emozione, quasi senza più alcun sentimento, potremmo essere dei fagotti di panno rosso. Siamo tutte indolenzite. Ciascuna di noi tiene in grembo uno spettro, un bambino fantasma. Ciò che ci sta davanti, adesso che l’eccitazione è finita, è il nostro fallimento.
22. Si scopre che Moira è scappata.
sentita da Dolores, che l’ha sentita da Janine. Janine l’ha sentita da Zia Lydia. Ci possono essere alleanze anche in luoghi simili, anche in simili circostanze. È una certezza sulla quale si può contare, ci saranno sempre alleanze, di un tipo e di un altro.
Riteneva che tutto il pentimento e i piagnistei di Janine significassero qualcosa, riteneva che Janine fosse stata piegata, che fosse una vera credente. Janine era come un cucciolo che tutti hanno sempre preso a calci, si sarebbe messa a pancia in su per chiunque e avrebbe detto qualsiasi cosa, solo per un attimo d’approvazione.
23. Il Comandante la chiama nella sua stanza, un luogo a lei normalmente proibito, per qualcosa che non riesce a immaginare. Una volta incontratisi, le chiede di giocare a Scarabeo, che è un’attività vietata. Prima di andarsene le chiede un bacio, lui le fa pena.
Quando uscirò di qui, se mai sarò in grado di raccontarlo in qualsiasi forma, anche nella forma di una voce che racconta, anche allora sarà una ricostruzione. È impossibile descrivere una cosa esattamente com’era, perché ciò che dici non può mai essere esatto, devi sempre trascurare qualcosa, ci sono troppe facce, lati, fattori che si intersecano, sfumature; ci sono troppi gesti, con questo o quel significato, troppe forme che non si possono mai descrivere completamente, troppi sapori, nell’aria o sulla lingua, troppe mezze tinte, troppe. Ma se sei un uomo in un qualsiasi tempo futuro, e ce l’hai fatta sin qui, ti prego ricorda: non sarai mai soggetto alla tentazione del perdono, tu uomo, come lo sarà una donna. È difficile resistere, credimi. Ricorda, però, che anche il perdono è un potere. Chiederlo è un potere, e negarlo o concederlo è un potere, forse il più grande.
Ma ci dev’essere qualcosa che lui vuole da me e volere significa avere una debolezza. È proprio la debolezza, qualunque essa sia, che mi attira. È come una piccola crepa in un muro prima impenetrabile. Premendo l’occhio contro questa sua debolezza, forse sarò in grado di vedere la mia strada.
Il racconto dell’ancella Capitolo IX. Notte
24. Il nome della nostra protagonista, che ha sostituito quello vero, ora è Difred, un patronimico che indica il nome del suo possessore: il Comandante Fred, appunto. Mentre pensa al passato avverte un dolore.
Il racconto dell’ancella Capitolo X. Le Pergamene dell’Anima
25. Cora la trova svenuta e decide di non dire nulla dell’accaduto. Il Comandate concorda con Difred una serie di codici per quando vuole che lei vada a trovarlo. Le fa alcuni regali: una rivista la prima volta. Lei gli chiede una crema per le mani, e da come le risponde capisce che lui non hai idea delle condizioni cui sono sottoposte.
Lei puntava le lame delle cesoie e poi tagliava, con uno scatto convulso delle mani. Era l’artrite o un attacco feroce, un’azione da kamikaze, perpetrata contro i turgidi genitali dei fiori? Il corpo fruttificante. Recidere i germogli accresce la forza del bulbo. Santa Serena, in ginocchio, che fa penitenza. Mi divertivo spesso in questo modo, con piccole, meschine e amare celie su di lei, ma non a lungo. Non serviva a niente indugiare, osservando Serena Joy alle spalle. Quello che volevo erano le cesoie.
C’è un’atmosfera ribelle, sediziosa in questo giardino di Serena, un senso di cose sepolte che esplodono, senza parole, nella luce, come dita puntate verso l’alto, a dire: tutto ciò che è ridotto al silenzio chiederà a gran voce di essere udito, anche se in silenzio.
Si ammalano molto, queste Mogli di Comandanti. Aggiunge interesse alla loro vita.
Mentre mi faceva dondolare la rivista davanti agli occhi come un’esca, l’ho desiderata con una forza che mi ha scosso fino nel profondo. Nello stesso tempo capivo che era un desiderio banale e irragionevole, perché un tempo non mi interessavano quelle riviste. Le avevo sfogliate negli studi dei dentisti, e talvolta in aereo; le avevo acquistate per portarmele nelle camere d’albergo, per passare il tempo mentre aspettavo Luke. Dopo le buttavo via, poiché erano inutili, e non sarei stata in grado di ricordarne il contenuto. Eppure adesso lo ricordo. Contenevano delle promesse. Trattavano di trasformazioni, suggerivano un’infinita serie di possibilità, che si moltiplicavano come le immagini riflesse in due file di specchi l’una di fronte all’altra, si ripetevano, uguali, fino al punto di fuga. Suggerivano un’avventura dopo un’altra, un guardaroba dopo un altro, un miglioramento dopo un altro, un uomo dopo un altro. Suggerivano il modo di ringiovanire, di superare e dimenticare il dolore, di amare e farsi amare all’infinito. La loro vera promessa era l’immortalità.
26. Difred teme che il Comandante si faccia scoprire dalla moglie.
Quella sera, la prima dall’inizio del nostro accordo (non saprei definirlo altrimenti), mi vergognavo. Sentivo che lui mi guardava e ne ero infastidita. Le lampade erano accese, come al solito, poiché Serena Joy evitava sempre qualsiasi cosa potesse creare un’aura anche vagamente romantica o erotica, e la luce scendeva dall’alto, cruda nonostante il baldacchino. Era come essere su un tavolo operatorio, o su un palcoscenico, mi rendevo conto di avere i peli sulle gambe, sparsi e un po’ ispidi, non avevo neanche le ascelle depilate, ma lui non poteva vederle. Mi sentivo rozza. Questa copulazione, o forse fertilizzazione, che per me non avrebbe dovuto essere più di quanto un’ape sia per un fiore, mi appariva come una indecente, intollerabile violazione di proprietà, mentre prima non era stato così.
Si può essere gelosi solo di chi possiede qualcosa che pensiamo spetterebbe a noi.
Per le generazioni che verranno, diceva Zia Lydia, sarà molto meglio. Le donne vivranno insieme in armonia, tutte in un’unica famiglia; voi sarete per loro come figlie, e quando il livello della popolazione sarà di nuovo salito, non sarete più costrette a trasferirvi da una casa all’altra, il vuoto sarà colmato. Ci potranno essere legami di vero affetto, diceva, strizzando l’occhio con aria complice. Le donne si uniranno per un fine comune! Si aiuteranno reciprocamente nelle faccende quotidiane e procederanno insieme lungo il cammino della vita assolvendo ciascuna il compito che le è stato assegnato. Perché aspettarsi che una donna adempia da sola a tutte le funzioni necessarie alla serena conduzione di una casa? Non è né ragionevole né umano. Le vostre figlie avranno una maggiore libertà. Stiamo operando allo scopo di dare un piccolo giardino a ognuna di voi… Agitava il dito ammonitore: Ma non possiamo essere come maiali avidi ed esigere troppo prima del tempo, non è vero?
27. Durante un’uscita per la spesa, Difred e Diglen confessano l’un l’altra di non essere vere fedeli; all’improvviso appare la polizia che brutalmente arresta una persona loro vicina. Difred è sollevata nel comprendere di non essere stata scoperta.
Un topo in un labirinto è libero di andare ovunque, purché resti nel labirinto.
Non mi avvio subito, mi fermo a guardare ancora una volta il Muro. I mattoni rossi, i riflettori, il filo spinato, i ganci. In un certo senso il Muro è perfino più sinistro se è vuoto. Quando c’è appeso qualcuno almeno sai che cos’è il peggio. Ma vuoto è una minaccia potenziale, come un temporale che si avvicini.
colorati, reggiseni coi pizzi, foulard di seta. Cose ormai perdute. Io e Diglen davanti a Le Pergamene dell’Anima guardiamo, attraverso le vetrine antiproiettile, le preghiere che sgorgano dalle macchine e scompaiono di nuovo attraverso le scanalature, per tornare al regno del «non detto». Adesso sposto lo sguardo e non vedo più le macchine, ma Diglen, riflessa nella vetrina. Anche lei mi sta fissando. Ci guardiamo negli occhi. Questa è la prima volta che vedo gli occhi di Diglen di fronte, non di profilo.
28. Difred ripensa al giorno in cui le hanno azzerato il conto e licenziata dal lavoro solo perché femmina.
Pezzi di carta, abbastanza spessa, unta al tatto, color verde, col ritratto di un vecchio in parrucca su un lato e sull’altro una piramide con sopra un occhio. La scritta diceva In God We Trust, abbiamo fiducia in Dio. Mia madre diceva che qualche negoziante teneva per scherzo, accanto al registratore di cassa, un cartello: Abbiamo fiducia in Dio. Tutti gli altri paghino in contanti. Ora sarebbe considerata una bestemmia.
Sembrava un sistema primitivo, totemico anche, come servirsi di conchiglie di cipree. Io stessa devo averlo usato per un po’, prima che tutto finisse alla Compubanca. È così che sono stati in grado di fare quello che hanno fatto tutto in una sola volta, senza che nessuno lo sapesse in anticipo. Se ci fosse stato ancora del denaro liquido, avrebbero incontrato maggiori difficoltà. È successo dopo la catastrofe, quando avevano ucciso il Presidente e mitragliato il Congresso, e l’esercito aveva dichiarato lo stato d’emergenza. Avevano accusato gli integralisti dell’Islam, allora. «State calmi» dicevano alla televisione. «La situazione è sotto controllo». Io ero sbalordita. Tutti lo erano, lo so. Era difficile credere che i membri del governo fossero finiti così. Come erano riusciti a entrare? Com’era accaduto? È stato allora che hanno abolito la Costituzione. Temporaneamente, si diceva. Non c’erano neppure disordini per le strade. La gente stava in casa la sera, a guardare la televisione, sperando di avere qualche direttiva. Non c’era neppure un nemico con cui prendersela.
questi album erano pieni di immagini dei miei primi anni di vita e andavano diminuendo man mano che crescevo, come se quella folla di piccole me stessa fosse stata decimata da una pestilenza.
29. Durante una sera con il Comandante, questo si lascia andare e le confida che le vorrebbe rendere la vita più sopportabile. Le chiede che cosa vorrebbe, lei le risponde che desidera conoscere quel che sta succedendo.
Il racconto dell’ancella Capitolo XI. Notte
30. Difred ripensa a quando lei e Luke sono stati traditi, forse da un vicino, quando tentarono di fuggire.
Cala la notte. È calata la notte. Perché la notte cala, invece di levarsi, come l’alba? Eppure se si guarda verso est, all’ora del tramonto, si può vedere la notte levarsi, non calare; il buio sale verso il cielo, all’orizzonte, come un sole nero dietro la coltre delle nubi, come fumo da un fuoco invisibile, una linea di fuoco proprio sotto l’orizzonte: un bosco o una città in fiamme. Forse la notte cala perché è pesante, uno spesso sipario tirato sopra gli occhi. Una coperta di lana. Come vorrei riuscire a vedere meglio nel buio. La notte è calata, quindi.
«I sentimenti non si controllano» aveva detto una volta Moira, «ma si può controllare il proprio modo di comportarsi».
«Penserò io al gatto» aveva detto Luke, più tardi. Il «gatto», non la nostra gatta, per questo avevo capito che voleva ucciderla. È così che si deve fare prima di uccidere, mi ero detta. Bisogna creare un soggetto neutrale dove prima c’era il vuoto.
Per il Paradiso abbiamo bisogno di Te. L’Inferno ce lo possiamo fare da soli.
Il racconto dell’ancella Capitolo XII. Gezebele
31. Serena J. propone a Difred di provare a rimanere incinta con un altro uomo. Lei non sa se fidarsi, così per guadagnare la sua fiducia le promette una sigaretta e una foto di sua figlia. Scopre così che lei sa dove sia e che non gliel’ha mai rivelato.
Il suo corpo è segnato solo con una J in rosso. Non significa Jew, ebreo, gli ebrei hanno la stella gialla. Ma qui non ne sono venuti molti, perché erano stati dichiarati Figli di Giacobbe e avevano potuto scegliere se convertirsi, o emigrare in Israele. Molti di loro erano emigrati, ammesso che si debba credere ai notiziari.
Avevo visto un’intera nave carica di ebrei, alla televisione, appoggiati alle spalliere, con i loro abiti e cappelli neri e le loro lunghe barbe, come se cercassero di sembrare il più possibile ebrei
«Forse lui non può» dice. Non so a chi si riferisca. Al Comandante o a Dio? Se è a Dio, dovrebbe dire non vuole. In entrambi i casi è un’eresia. Soltanto le donne non possono, sono chiuse, menomate, difettose.
32. Difreud si procura un fiammifero – sempre grazie a Serena J. – e si immagina di fumarsi la sigaretta o di nasconderla, o di usare il fiammifero per incendiare casa. Col Comandante scopre dettagli sul passato, della società che aveva perso ogni forma di desiderio.
Quando gli do il bacio della buonanotte, come se lo desiderassi davvero, ha l’alito che sa di alcol, e io l’aspiro come il fumo. Confesso che assimilo con piacere queste piccole dosi di dissolutezza.
Questa mancanza di paura è pericolosa. «Non basta» ha detto. «È un’astrazione. Quello che voglio dire è che era finito il loro rapporto con le donne». «Finito? Ma se c’erano Pornoangoli dappertutto, perfino motorizzati». «Non sto parlando di sesso, anzi il sesso era facilissimo. Tutti potevano semplicemente comprarlo, ma non c’era più niente per cui lavorare, niente per cui lottare. Abbiamo le statistiche di quell’epoca. Sai di che cosa si lamentavano di più? Dell’incapacità di provare dei sentimenti. Avevano perso ogni interesse per il sesso e per il matrimonio».
«Meglio non significa mai il meglio per tutti»
Me ne sto distesa, l’aria umida mi opprime come un coperchio. Come una coltre di terra. Vorrei che piovesse. Meglio, vorrei che venisse un temporale, con nuvole nere, fulmini, tuoni da far scoppiare le orecchie. Forse salterebbe la luce, allora potrei scendere in cucina, dire che ho paura, sedermi con Rita e Cora attorno al tavolo. Loro capirebbero la mia paura, la condividerebbero e mi farebbero compagnia. Guarderemmo le nostre facce apparire e sparire al tremolare della fiamma delle candele e nei fasci bianchi della luce dei riflettori sul prato.
33. La figlia di Janine ha qualcosa che non va, ed è al suo secondo figlio che accade. Janine sembra perdere il senno, e si scopre che il posto dove sono è chiamato Centro Rosso.
dio è una risorsa nazionale.
34. Ha luogo una cerimonia fra Angeli (soldati tornati dal fronte) e ragazze offerte in moglie. Diglen rivela a Difred di sapere che vede il Comandante di nascosto, e le chiede di scoprire tutto quello che è possibile.
I matrimoni sono ovviamente combinati. A queste ragazze non è mai stato permesso di restare sole con un uomo; comunque per molti anni anche per noi è stato lo stesso. Hanno l’età per ricordarsi qualcosa dei tempi addietro, di quando si giocava a baseball, in jeans e scarpe da tennis, e si girava in bicicletta? Di quando si leggevano i libri, da sole, ciascuna per conto proprio? Qualcuna di loro non avrà più di quattordici anni. Fatele cominciare presto, è la regola, non c’è un attimo da perdere. Ma non possono non ricordare. E quelle dopo di loro pure, per tre, quattro, cinque anni ancora. Dopo non ricorderanno più. Saranno sempre state vestite di bianco, sempre tra ragazze, sempre in silenzio.
«Noi abbiamo dato loro più di quanto non abbiamo tolto»
Adesso, ditemi il vostro parere, siete persone intelligenti, vorrei sapere che ne pensate. C’è qualche cosa che abbiamo trascurato?» «L’amore» rispondo. «L’amore?» ripete il Comandante. «Che tipo d’amore?» «L’innamorarsi». Il Comandante mi guarda con i suoi candidi occhi da ragazzo. «Oh sì» dice, «ho letto articoli che insistevano molto su questo punto, ma guardiamo le statistiche, cara, valeva proprio la pena, d’innamorarsi? I matrimoni combinati hanno sempre funzionato altrettanto bene, se non meglio». L’amore, diceva Zia Lydia con disgusto, che non vi sorprenda a innamorarvi, ragazze. Niente sentimentalismi, niente grilli per la testa! Agitava il dito verso di noi. Non è l’amore lo scopo della vostra vita.
«Voglio che le donne siano vestite modestamente» dice il Comandante, «con pudore e sobrietà. Non voglio che abbiano i capelli intrecciati con oro, perle, o altri ornamenti costosi; i loro ornamenti, come si addice alle donne che hanno una fede, siano le opere buone. La donna impari in silenzio con totale sottomissione». A questo punto il Comandante alza gli occhi a guardarci tutte. «Totale» ripete. «Non permetto a nessuna donna di insegnare o di usurpare in qualsiasi modo l’autorità maschile. La donna deve conservare il silenzio. «Poiché Adamo fu formato per primo e poi venne Eva. «E Adamo non fu sedotto, la donna fu sedotta e si rese colpevole della trasgressione. Ciononostante sarà salvata dalla maternità, se saprà vivere santamente nella fede, nella carità e nella temperanza». Salvata dalla maternità, penso. Da dove credevamo, in passato, che sarebbe venuta la nostra salvezza?
C’è sempre qualcosa per tenere occupata la mente desiderosa di conoscenza.
«C’è qualcosa che non va, cara?» diceva la vecchia barzelletta. «No, perché?» «Ti sei mossa».
allora fingevo con me stessa che dovessimo conservare qualcosa di simile alla dignità.
35. Difred ripensa a quando lei e Luke tentarono di superare un posto di blocco al confine con passaporti falsi, fallendo e dovendo fuggire. Serena J. le porta una foto di quella che sembra essere sua figlia.
«Quello stava per chiamare qualcuno al telefono» aveva detto. Guidava in fretta attraverso la strada sterrata e i boschi, poi eravamo scesi e ci eravamo messi a correre. Cercavamo una cascina dove nasconderci, una barca. Luke diceva che si capiva subito che i nostri passaporti erano falsi e che non c’era tempo per preparare un piano. Ma forse lui un piano lo aveva, forse aveva una cartina geografica in testa. Quanto a me, stavo solo correndo: via, via. Non voglio dover raccontare questa storia. Non sono obbligata a raccontarla. Non sono obbligata a raccontare nulla, a me o a nessun altro. Potrei starmene seduta qui, in pace. Potrei estraniarmi. Rinchiudermi in me stessa tanto a fondo, che loro non potranno mai stanarmi. Nolite te bastardes carborundorum. A lei non è servito. Perché lottare? Tutto è inutile.
Sono una profuga dal passato, e come altri profughi ricordo le usanze e le abitudini di vita che ho lasciato o sono stata costretta a lasciarmi alle spalle,
Ce l’ha in mano, è una Polaroid; quadrata e lucida. Quindi le fanno ancora le macchine fotografiche. E ci saranno album di famiglia, pure, con le fotografie di tutti i bambini; non delle Ancelle, però. Nella storia futura, noi saremo invisibili.
36. Il Comandante regala un vestito sgargiante a Difred, la fa truccare e la invita fuori. Lei per uscire è costretta a nascondersi in auto sotto una coperta.
Mi sono accorta che questa sera usa molte parole al diminutivo. Vuol togliere importanza alle cose e anche a me stessa.
37. Il Comandante la porta in un club, dove funzionari di vario tipo si intrattengono con donne vestite e truccate in modo vistoso. Tra queste riconosce Moira, e le da un appuntamento in bagno.
Posso guardarmi intorno, qui non ci sono alette bianche a impedirmelo. Mi sento la testa stranamente leggera come se ne fosse stato rimosso un peso, o una sostanza estranea.
Tutte sono molto truccate e mi accorgo che non ci sono più abituata perché i loro occhi mi sembrano troppo grandi, troppo scuri e scintillanti, le bocche troppo rosse, troppo lucenti e umide, quasi intinte nel sangue o, comunque, troppo clownesche.
Ciò che provo non è semplice. Certo non giudico male queste donne, non mi sento di essere severa nei loro confronti. Hanno scelto il compromesso. L’opinione ufficiale nega che esistano, tuttavia eccole qui. Questo è per lo meno qualcosa.
«Coraggio» dico a me stessa, «basta tenere la bocca chiusa e assumere un’aria stupida. Non dev’essere difficile».
«È un club?» chiedo. «Be’, lo chiamiamo così, tra di noi». «Pensavo che un club rientrasse nella serie delle cose proibite». «Ufficialmente sì, ma siamo esseri umani, dopo tutto». Visto che non aggiunge altro, dico: «Che significa?» «Significa che non si può ingannare la Natura. La Natura esige, per gli uomini, la varietà. È logico, rientra nella strategia della procreazione. È il disegno della Natura». Io non faccio commenti, quindi lui continua. «Le donne lo sanno per istinto. Perché compravano tanti vestiti diversi, un tempo? Per ingannare gli uomini, per dargli l’illusione di stare con molte donne diverse. Una nuova ogni giorno». Lo dice come se ci credesse, ma dice molte cose in questo modo. Può darsi che ci cre-da, può darsi di no, o può darsi che ci creda e non ci creda, nello stesso tempo. È impossibile capirlo.
38. Moira racconta a Difred di come è fuggita e poi di come è stata catturata. Giudicata irrecuperabile per tornare nelle case, le è stato fatto scegliere fra la dura vita logorante delle Colonie, o quella che poi ha scelto nel club. È stata l’ultima volta che le due si sono incontrate.
Lei ci godeva, sai. Fingeva di obbedire al principio ‘ama-il-peccatore e odia-il-peccato’, ma in realtà le piaceva menar lo staffile.
«Alla fine mi hanno mostrato un film. Sai su che cosa? Sulla vita nelle Colonie. Nelle Colonie passano il loro tempo a pulire. Sono molto consapevoli dell’importanza della pulizia. Qualche volta si tratta semplicemente di togliere di mezzo i morti, dopo una battaglia. I morti dei ghetti urbani sono i peggiori, restano abbandonati più a lungo e raggiungono un più alto grado di putrefazione. Le donne delle Colonie sono incaricate di bruciarli. Nelle altre Colonie, però, stanno peggio perché devono ripulire le discariche tossiche e gli scarichi di materiale radioattivo. Hanno calcolato che, dopo tre anni al massimo, a queste donne cade il naso e la pelle gli si stacca come un guanto di gomma. Nessuno si preoccupa di nutrirle adeguatamente o di fornirle di abiti protettivi, sarebbe una spesa inutile, visto che ci si vuole liberare di loro. Dicono che ci sono Colonie migliori, dove si pratica l’agricoltura, si coltiva il cotone o i pomodori. Ma non erano queste le Colonie che si vedevano in quel film. «Sono le vecchie a finire nelle Colonie (scommetto che ti sarai chiesta perché non si vedono mai vecchie in giro) oppure Ancelle che si sono bruciate le loro tre possibilità, o, infine, le incorreggibili, come me. Le donne delle Colonie sono materiale di rifiuto. Sterili, certo. Se non lo sono all’inizio, lo diventano dopo un po’. Quando non ne sono sicuri, fanno loro un piccolo intervento, così che non ci sia possibilità di errore. Nelle Colonie ci sono anche gli uomini, circa un quarto rispetto alle donne. Non tutti i Traditori del Genere Umano finiscono al Muro.
39. Il Comandante la porta in una camera. Siccome poco prima Moira le aveva parlato di sua madre, Difred ripensa lei, al loro ultimo incontro. Il Comandante la aspetta a letto, lei si fa coraggio con l’idea di fingere per accontentarlo.
Aspiro l’odore di sapone, di disinfettante, ascolto i rumori lontani di rubinetti aperti, di sciacquoni. Non so perché ma mi sento consolata, a casa. C’è qualcosa di rassicurante nelle stanze da bagno. Le funzioni corporee per lo meno restano immutate.
Mi abbassa una spallina, fa scivolare l’altra mano tra le piume, ma non serve. Sto lì sdraiata, come un uccello morto. Non è un mostro, penso. Non posso permettermi moti d’orgoglio o di avversione, c’è tutto un genere di cose di cui bisogna disfarsi, quando le circostanze lo richiedono.
Il racconto dell’ancella Capitolo XIII. Notte
40. Di nascosto Serena J. fa incontrare Difred al suo stallone Nick. Lei sente di tradire Luke.
Il caldo di notte è peggio del caldo di giorno. Anche col ventilatore acceso, nulla si muove, le pareti assorbono il calore e lo ributtano fuori come un forno.
«L’astinenza stimola l’interesse». È una citazione da un vecchio telefilm. E lo spirito dei telefilm era già vecchio anche allora. Nemmeno mia madre parlava così, per quanto posso ricordare.
Vorrei essere ignorante. Allora non sapevo quanto ero ignorante.
Il racconto dell’ancella Capitolo XIV. La Rigenerazione
41. Difred va a trovare Nick alle spalle di Serena J., dopo le visite al Comandante. Difred comincia a credere che fra loro si sia creato un legame, anche se Nick si dimostra sempre molto distaccato.
Mi dispiace che ci sia tanto dolore in questa storia.
Lo trovo sempre con qualcosa in mano, come se fosse occupato, non come se mi stesse aspettando. Forse non mi sta aspettando. Forse non ha la nozione del futuro, o non gliene importa o non osa pensarci.
Né io né lui pronunciamo mai la parola amore. Sarebbe tentare il destino; sarebbe un sentimentalismo, sarebbe di malaugurio.
42. Difred viene fatta partecipare a una Rigenerazione, ovvero ad assistere all’esecuzione pubblica di donne condannate a morte.
C’è un lungo tratto di corda che si snoda come un serpente davanti alla prima fila di cuscini, passa lungo la seconda, e poi dietro, tra le file di sedie, come un vecchio, lentissimo fiume visto dall’alto, che attraversa una pianura. La corda è spessa e marrone e sa di catrame. L’altro capo corre sul palco. È come una miccia, o come la cordicella di un palloncino.
Le colpe delle altre sono il linguaggio segreto attraverso il quale proviamo a noi stesse ciò di cui potremmo essere capaci.
Ha dei guanti neri lunghi fino al gomito. È stata sorpresa a leggere? No, per quello si ha solo una mano mozzata alla terza Condanna. È accusata di lussuria? Ha attentato alla vita del suo Comandante? O, come è più probabile, a quella della Moglie del suo Comandante? Quanto alle Mogli è soprattutto una l’accusa per cui vengono rigenerate, possono farci di tutto, ma non gli è permesso ucciderci, non legalmente. Non con ferri da calza o cesoie da giardinaggio, o coltelli sottratti in cucina, e soprattutto non quando siamo incinte. Possono anche essere accusate di adulterio, certo. Quella è un’accusa sempre valida. Come il tentativo di fuga.
Ho già visto tutto in precedenza: le viene infilato sulla testa un sacco bianco, la fanno salire sullo sgabello come se stessero aiutandola a salire sul predellino di un autobus, la sistemano nella posizione giusta, le infilano il cappio delicatamente attorno al collo, come un paramento sacro, allontanano lo sgabello con una pedata. Ho già sentito quel lungo sospiro salire attorno a me, come l’aria che esce da un materasso gonfiabile, ho già visto Zia Lydia mettere la mano sul microfono, per soffocare gli altri rumori dietro di lei, mi sono già sporta in avanti per toccare la corda, quando è stato il mio turno, ho posato tutte e due le mani sulla corda pelosa, appiccicosa di catrame, nel sole rovente, e poi mi sono messa una mano sul cuore a mostrare il mio accordo con le Rigeneratrici, il mio consenso, la mia complicità nella morte di quella donna. Ho già visto quei piedi scalciare e quelle due donne in nero afferrarli e tirarli in giù con tutta la loro forza. Non voglio vedere più niente. Guardo l’erba, invece. La corda.
43. Una volta terminata la rigenerazione, viene lasciato in balia della folla un uomo condannato a morte per stupro. Diglen capisce che si tratta di un prigioniero politico e durante il linciaggio lo uccide con un colpo netto per evitargli ulteriori torture.
La pena per stupro è la morte. Deuteronomio 22: 23-29.
44. Al momento di andare a fare la spesa Difred si accorge che non sarà Diglen ad accompagnarla. C’è una nuova Diglen che ha preso il posto di quella di prima. Difred cerca di capire se si tratti di una vera fedele, e si fa l’idea che lo sia. Prima di lasciarsi, una volta rientrate, la nuova Diglen dice a Difred che la vecchia Diglen si è impiccata.
C’è una certa consolazione a rientrare nelle abitudini.
«È stata trasferita Diglen? Così presto?» chiedo, ma so che non è così. L’ho vista non più tardi di stamattina, me l’avrebbe detto. «Sono io Diglen» dice la mia nuova compagna. Una risposta perfetta. È lei la nuova Diglen e l’altra, ovunque si trovi, non è più Diglen.
45. Serena J. scopre le uscite notturne di Difred con il Comandante.
«Ho avuto fiducia in te» dice, «ho cercato di aiutarti». Non la guardo in viso. Che cosa hanno scoperto? Di quale dei molti miei peccati sono accusata? L’unico modo di scoprirlo è restare in silenzio. Cominciare a scusarmi adesso, per questo o quell’altro, sarebbe un grave errore. Potrei rivelarle qualcosa che lei non immagina neppure.
Per la prima volta, sento veramente qual è il loro potere.
Il racconto dell’ancella Capitolo XV. Notte
46. Difred teme che Serena J. la voglia punire, ma all’improvviso Nick si presenta da lei e le dice di uscire. Due Occhi (agenti segreti) la arrestano per violazione di segreti di Stato e la portano via su un furgone.
Avrei dovuto rubare un coltello dalla cucina, trovare il modo di impossessarmi delle forbici da cucito. C’erano le cesoie da giardiniere, i ferri da calza, il mondo è pieno di armi, basta cercarle.
Il lavoro sporco è fatto da gente sporca.
Note storiche su Il racconto dell’Ancella
Queste note sono un commento a posteriori sul ritrovamento dei nastri con i racconti di Difred, in cui si scopre che Nick ha fatto intervenire gli Occhi per salvare Difred facendola arrivare nel Regno Unito tramite il Canada.
tutta la musica non religiosa fu bandita sotto il regime.
Non avevamo abbandonato la speranza di rintracciare direttamente la narratrice stessa. Appariva chiaro dal contesto che aveva fatto parte della prima ondata di donne reclutate a scopi riproduttivi e assegnate a coloro che richiedevano questi servigi e potevano avervi diritto grazie alla propria posizione di privilegio.
L’esigenza di un incremento delle nascite era già riconosciuta in epoca pregalaadiana, ed era stata inadeguatamente soddisfatta con l’inseminazione artificiale, con le cosiddette cliniche della fertilità e con l’uso di vicemadri che venivano ingaggiate allo scopo. Galaad dichiarò illegali le prime due perché contrarie ai principi religiosi, ma legittimò e sostenne la terza soluzione, che si ritenne avesse precedenti biblici.
Pare essere stata una donna istruita, ammesso che un laureato di una qualsiasi università nordamericana dell’epoca potesse definirsi istruito.
Era un uomo molto duro, e Limpkin gli attribuisce l’osservazione: «Il nostro grande errore è stato di insegnar loro a leggere. Non lo commetteremo più».
A questo proposito è opportuno un commento sull’organizzazione femminile di controllo nota come le Zie. Judd, secondo il materiale di Limpkin, era dell’opinione fin dall’inizio che fosse più efficace ed economico far controllare le donne, a scopi riproduttivi e altro, a opera delle stesse donne. Non mancavano i precedenti storici; infatti, in qualsiasi impero, imposto con la forza o in altro modo, il controllo degli indigeni è sempre stato effettuato da membri del loro stesso gruppo.
più probabilmente si trattava di Nick, il quale, come risulta dall’esistenza dei nastri, deve aver aiutato Difred a fuggire.
dobbiamo essere grati di qualsiasi briciola la Dea della Storia si è degnata di concederci.
La nostra narratrice avrà raggiunto il mondo esterno sana e salva e si sarà creata una nuova vita? O sarà stata scoperta, nascosta nel suo abbaino, arrestata, mandata nelle Colonie e da Gezebele, o addirittura condannata a morte? Il nostro documento, quantunque a suo modo eloquente, tace su questi argomenti. Noi possiamo evocare Euridice dal mondo dei morti, ma non possiamo far sì che risponda
Chiosa conclusiva
Il racconto dell'ancella è anche una riflessione sul genere femminile e sulla sua posizione nella società: Margaret Atwood utilizza le riflessioni di Difred per esplorare temi importanti come la libertà, l'uguaglianza di genere e la lotta per i diritti umani. La forza narrativa e la descrizione dettagliata del mondo di Gilead rendono questo romanzo una lettura imprescindibile e, nella migliore tradizione del romanzo distopico, un monito su quello che potremmo diventare.
Lettura imprescindibile, sono d’accordo. Io l’ho amato e odiato (come ho amato e odiato 1984), proprio per la natura della storia, talmente disturbante da diventare indimenticabile.
Ricordo perfettamente le scene dell'”accoppiamento” forzato, la rabbia e la frustrazione e quella visione patriarcale così gretta e nemica di tutto. Mamma mia! Rileggendo qualche tuo passo, mi è risalita la stizza. Ecco, questo è un libro che NON rileggerei.
Anche io avrei difficoltà a rileggere 1984, anche se è nella mia top 10 di ogni tempo… non ho la minima intenzione di rientrare in quell’atmosfera soffocante! Eppure il racconto dell’ancella è tutt’altro che una visione futuristica: vedo scene tutti i giorni di persone sottomesse al marito, cresciute incapaci di prendere decisioni o anche solo di pensare di poter reagire. Poi mi chiedono perché non mi piace la religione!
Lo so che è sempre più facile generalizzare, ma credo che sia l’incultura a generare certi fenomeni e lì, poi, è vero che la religione attecchisce in modo distorsivo. La mia è una famiglia di credenti e ci teniamo ben lontani da concezioni retrograde e patriarcali. L’ignoranza, non la fede, rende le persone incapaci di ragionare e di reagire, quando è necessario.
La tua è una famiglia di credenti ma vivi in uno stato laico e democratico, che ti consente non solo di essere credente ma anche di scegliere a quale credo appartenere. Se vivessi in una teocrazia probabilmente non conosceresti nemmeno il concetto di fede, perché non esisterebbe alternativa. Poi è sacrosanto che è l’ignoranza a rendere le persone incapaci di ragionare negando loro gli strumenti per farlo!
Hai visto la serie televisiva pure?
Io non ancora, ma vorrei recuperare il film degli anni 90!
Che argomento affascinante! Hai mai pensato a quanto sia preoccupante vedere come la religione possa essere usata per giustificare l’oppressione e la violenza contro le persone? Secondo me, è importante capire che la religione in sé non è il problema, ma piuttosto come le persone al potere la interpretano e la utilizzano. Spero che i governi possano essere più guidati dai valori della giustizia e dei diritti umani piuttosto che da interpretazioni distorte di qualsiasi ideologia, compresa la religione.
Non sono così sicuro che la religione non sia il vero problema.. E’ un po’ come le armi che è colpa di chi le usa se ci scappa il morto… ma tu inizia a eliminare le armi!
Capisco il tuo punto di vista ma secondo me la religione in sé non è il problema. Sì, ci sono stati casi in cui la religione è stata utilizzata per giustificare l’oppressione e la violenza, ma credo che questo sia il risultato di una cattiva interpretazione della dottrina da parte di alcuni leader religiosi e governi. Non credo che eliminare completamente la religione sia la soluzione, poiché ci sono molte persone che traggono conforto e ispirazione dalla loro fede e che la praticano pacificamente. Invece, dovremmo lavorare insieme per combattere l’interpretazione distorta e per promuovere un’interpretazione più giusta e inclusiva della religione, che rispetti i diritti umani e la dignità di ogni individuo.