Don Chisciotte della Mancia – Miguel de Cervantes Saavedra: frasi e citazioni

da | 3 Set 2016

Don Chisciotte della Mancia, pubblicato in due parti nel 1605 e nel 1615, è il romanzo simbolo della letteratura spagnola di tutti i tempi. Don Chisciotte – il protagonista – aspira a portare giustizia nel mondo emulando gli eroi della letteratura cavalleresca, in cui egli crede fermamente. I risultati, però, sono tutt’altro che eroici.
Ho deciso di leggere questo romanzo arcinoto perché nelle varie trasposizioni cui mi sono avvicinato (fumetti, serie, canzoni ecc.) sono narrati solo un pugno di episodi:

  • Don Chisciotte che convince Sancio Panza il villano a fargli da scudiero.
  • Don Chisciotte che combatte i mulini a vento figurandosi di dar battaglia ai giganti.
  • Don Chisciotte che scambia un gregge di pecore per un esercito di mori.

Una cosa che salta subito all’occhio del romanzo di Cervantes è la dimensione: Don Chisciotte della Mancia supera abbondantemente le 1400 pagine; mi sono chiesto allora se fosse possibile che questi pochi episodi fossero rappresentativi dell’opera. Ora posso dirlo: non lo sono. Questi fatti si risolvono nei primissimi capitoli; seguono centinaia di deliziosissime pagine d’avventure e disavventure dell’improbabile coppia, e come prova porto un bel po’ (un bel po’ tante) di frasi citate da queste pagine.

La quarta di copertina

Don Chisciotte della Mancia è la più importante opera letteraria di Cervantes e una delle più rappresentative della letteratura mondiale. Pubblicato in due volumi a distanza di dieci anni l’uno dall’altro, è l’opera letteraria principale del secolo d’oro spagnolo e il più celebrato romanzo della letteratura spagnola.
L’autore di ritorno da un’estenuante battaglia fu ricoverato presso l’Ospedale Maggiore della città di Messina, dove durante la convalescenza iniziò a scrivere questo che è il suo capolavoro. Il pretesto narrativo ideato dall’autore è la figura dello storico Cide Hamete Benengeli, di cui Cervantes dichiarò di aver ritrovato e tradotto il manoscritto arabo nel quale sono raccontate le vicende di Don Chisciotte.

Citazioni da Don Chisciotte della Mancia

Frasi dal volume primo

Pagina 20 | Pos. 303-5

Procurate pure che, nel leggere la vostra storia, chi è malinconico abbia ad esser mosso a riso, chi è allegro abbia ad accrescere la sua allegria, l’ignorante non si annoi, il sapiente ammiri l’invenzione, il personaggio d’alto affare non la disprezzi, né chi ha senno abbia ad omettere di lodarla.

Pagina 25 | Pos. 376-78

dopo di aver congegnato, cancellato e rifiutato, disfatto e tornato a rifare molti nomi nella sua mente ed immaginazione, in ultimo finì col chiamarlo Ronzinante: nome, a parer suo, alto, sonoro, che stava a significare quel che era stato da ronzino, rispetto a quello che era ora, che era, cioè, «innante o avanti» e il primo di tutti i ronzini del mondo.

Pagina 29 | Pos. 434-35

vide, non lontano dalla strada per la quale camminava, un’osteria, che fu come vedere una stella la quale non già alle soglie bensì alla reggia della sua salvezza lo avviava.

Pagina 30 | Pos. 453

è stoltezza grande il riso che da lieve cagione procede;

Pagina 47 | Pos. 714-15

storia risaputa da tutti i ragazzi, non ignorata dai giovani, magnificata e persino creduta dai vecchi; tuttavia però, non più vera dei miracoli di Maometto.

Pagina 66 | Pos. 1007-8

se hai paura, scostati di lì e mettiti a pregare mentre io vado a combattere con essi fiera e disuguale battaglia.

Pagina 67 | Pos. 1013

Ma per quanto agitiate più braccia di quelle del gigante Briareo, me la pagherete.

Pagina 78 | Pos. 1185-88

Ci sarebbero da notare alcune altre particolarità, ma son tutte di poco conto né fanno al caso per la veridica narrazione della storia, ché tutte van bene purché siano veridiche. Se a questa qui può farsi qualche appunto, rispetto alla sua veridicità, non potrà esser altro se non l’essere stato arabo il suo autore, in quanto che è caratteristico della gente di quella nazionalità il mentire: nondimeno, per esser tanto nemica nostra, ben si può capire che, piuttosto che abbondarvi, la verità vi fa difetto.

Pagina 78 | Pos. 1190-92

gli storici hanno l’obbligo e il dovere di essere precisi, veritieri e del tutto spassionati, sì che né il tornaconto, né il timore, né il risentimento, né la simpatia li facciano deviare dalla verità, madre della quale è la storia, rivale del tempo, ricettacolo dei fatti, testimonio del passato, esempio e consiglio del presente, avvertimento del futuro.

Pagina 82 | Pos. 1248-52

— È un balsamo — rispose don Chisciotte — di cui ho a mente la ricetta, e col quale non c’è da aver paura della morte né si può pensare a morire di ferita alcuna. Perciò, quando io lo comporrò e te lo darò, tu non hai da far altro se non che, al vedere che in qualche battaglia mi hanno diviso per metà il corpo (come molte volte suole accadere), la parte del corpo che sarà caduta a terra tu, pian piano e con gran delicatezza, prima che il sangue si rapprenda, la metta sull’altra metà rimasta sulla sella, badando che il tutto combaci pari ed esattamente. Mi darai quindi solo due sorsi del balsamo che ho detto e mi vedrai più sano d’una lasca.

Pagina 86 | Pos. 1313-20

— Perché tu veda, o Sancio, il bene che ha in sé la cavalleria errante, e come quelli che si esercitano in qualsiasi ufficio di essa son sempre sul punto di venir presto in onore e stima del mondo, voglio che tu ti segga qui al mio fianco, in compagnia di questa buona gente, e che tu sia una cosa sola con me che sono tuo padrone e natural signore; voglio che tu mangi nel mio piatto e beva dove io avvenga che beva, perché della cavalleria errante si può dire lo stesso che si dice dell’amore: che tutto uguaglia. — Grazie mille! — disse Sancio — so dirvi però che, purché avessi da mangiar bene, mangerei altrettanto bene e meglio in piedi, e da me solo, che seduto accanto a un imperatore. E anzi, per dir la verità, mi sa molto meglio quello che mangio nel mio cantuccio senza tante smorfie e complimenti, anche abbia ad essere pane e cipolla, che i tacchini di cert’altre mense dove io sia costretto a masticare adagino, a ber poco, a pulirmi ogni momento, a non starnutare né tossire se me ne venga voglia né a fare altre cose che s’accompagnano con lo star soli e liberi.

Pagina 88 | Pos. 1335-36

Negli spacchi delle rocce e nel cavo degli alberi formavano la loro repubblica le operose e sagge api, offrendo a chiunque, senza interesse alcuno, la copiosa raccolta del loro dolcissimo travaglio.

Pagina 114 | Pos. 1743-46

Che se mi si dice, a rimprovero, che erano onesti i suoi pensieri, e che perciò ero tenuta ad assecondarli, rispondo che quando in questo luogo stesso, dove ora si scava la sua fossa, mi svelò la rettitudine del suo proposito, gli dissi che il proposito mio era di vivere sempre sola e che soltanto la terra avesse a godere il frutto della mia vita appartata e i resti della mia bellezza. Che se egli, nonostante questo disingannarlo, volle insistere contro la speranza e navigar contro vento, qual meraviglia che sia annegato in mezzo al golfo del suo errore?

Pagina 115 | Pos. 1754-56

Chi mi chiama belva e mostro, mi lasci stare come cosa dannosa e trista; chi mi dice ingrata non mi usi servigi; chi mi chiama intrattabile, non voglia conoscermi; chi crudele, non mi segua; poiché questa belva, questo mostro, quest’ingrata, questa crudele, questa intrattabile, non li cercherà, non li servirà, non li vorrà conoscere né li vorrà seguire in nessun modo.

Pagina 118 | Pos. 1798-1801

Or avvenne che a Ronzinante saltò il grillo di andare a sollazzarsi con le signore chinee; perciò, come l’ebbe fiutate, uscendo dal modo suo naturale di procedere e dalle sue abitudini, senza chiedere permesso, prese una corsettina un tantino civettuola e se n’andò a metterle a parte del suo gran bisogno; ma esse che, a quanto parve, dovevano avere più voglia di pascolare che d’altro, lo accolsero a calci e a morsi,

Pagina 119 | Pos. 1814

con quale furore le stanghe, tra mani villane e arrabbiate, pestano.

Pagina 119 | Pos. 1824-26

Di tutto questo però la colpa è mia, perché non avrei dovuto metter mano alla spada contro uomini che non fossero armati cavalieri come me. Credo quindi che per punirmi di aver violato le leggi della cavalleria, il Dio delle battaglie ha permesso che mi si infliggesse questo castigo.

Pagina 122 | Pos. 1867-75

Perché voglio che tu lo sappia, o Sancio: le ferite prodotte con gli arnesi che casualmente si abbiano per mano non arrecano oltraggio; e ciò è detto espressamente nel codice cavalleresco. Se, per esempio, il calzolaio batte taluno con la forma che ha in mano, sebbene per certo essa sia di legno, non per questo si potrà dire che colui al quale egli dette con la forma fu legnato. Dico questo perché, sebbene in questa lite noi si sia rimasti sorbottati, tu non creda che si sia rimasti oltraggiati. Le armi infatti che quei cotali avevano e con le quali ci hanno pesti, non erano che le loro mazze, e nessuno di essi, per quel che ricordo, aveva o stocco, spada o pugnale. — A me — rispose Sancio — non mi dettero tempo di badarci bene; perché appena misi mano alla mia durlindana101, che ecco mi accarezzarono le spalle con i loro randelli sì da farmi perdere la vista degli occhi e la forza dei piedi e da farmi battere un picchio qui dove ora giaccio e dove non mi affligge punto il pensare se fu o no oltraggio l’affare delle stangate, come invece il dolore delle botte, che mi dovranno restare altrettanto bene stampate nella memoria quanto nelle spalle.

Pagina 125 | Pos. 1903-6

Non ancora aveva camminato sì e no che una lega, quando il caso, che andava guidando le lor cose di bene in meglio, gli mise innanzi la strada nella quale egli scoprì un’osteria che suo malgrado, ma a piacere di don Chisciotte, doveva essere castello. Sancio insisteva che era osteria, il suo padrone a dir di no, ch’era invece castello.

Pagina 126 | Pos. 1928-29

— No, non son caduto — disse Sancio Panza; — ma è che dallo spavento che provai al veder cadere il mio padrone, mi fa così male tutta la persona che mi pare come se mi avessero dato mille bastonate.

Pagina 127 | Pos. 1936-38

— Siete così nuova al mondo che non lo sapete? — rispose Sancio Panza. — Sappiate dunque, sorella mia, che cavaliere errante è una cosa che da un momento all’altro eccolo bastonato ed eccolo imperatore: oggi è il più sfortunato individuo del mondo e il più bisognoso, e domani avrà due o tre corone reali da dare al suo scudiero.

Pagina 133 | Pos. 2038-44

— Puoi ben crederlo, davvero — rispose don Chisciotte —; perché, o io poco ne so o questo castello è incantato. Perché devi sapere… Ma quello che ora vo’ dirti tu mi devi giurare che lo terrai segreto fino a dopo la mia morte. — Lo giuro — rispose Sancio. — Dico così — replicò don Chisciotte — perché non mi piace il disonore di nessuno. — Ma se giuro — tornò a dire Sancio — che lo tacerò fino a dopo che vossignoria sarà morta: e Dio voglia che possa rivelarlo domani. — Tanto male dunque io ti faccio, Sancio — rispose don Chisciotte, — da volermi veder morto tanto presto? — Non è già per questo — rispose Sancio; — è perché non mi piace di tanto tener dentro le cose, e non vorrei che da tanto tenerle dentro mi avessero a andare a male.

Pagina 138 | Pos. 2104-8

— Io credo, o Sancio, che tutto cotesto male ti provenga dal non essere armato cavaliere; perché, secondo me, questo liquore non deve giovare a coloro che tali non sono. — Se vossignoria sapeva questo — replicò Sancio, — maledetto me e tutta la mia razza! e perché allora ha lasciato che lo provassi? Nel frattempo il beveraggio fece il suo effetto, e il povero scudiero cominciò a scaricare da tutti e due i canali, tanto di furia, che né la stuoia di giunco marino sulla quale era tornato a sdraiarsi, né la coperta di canevaccio con cui si era avvolto, gli servirono più a nulla.

Pagina 149 | Pos. 2270-71

— La paura che hai — disse don Chisciotte — fa che tu, o Sancio, non veda né oda dirittamente; giacché, uno degli effetti della paura è di confondere i sensi e far sì che le cose non appaiano quali sono.

Pagina 149 | Pos. 2280-82

I pastori e i mandriani, che accompagnavano il branco, gli gridavano che stesse fermo, ma vedendo che non ne cavavano nulla, si slegarono le fionde dalla cintola e cominciarono a salutargli l’udito con pietre grosse come il pugno.

Pagina 149 | Pos. 2284-85

Gli arrivò in questo mentre un confettino del letto del fiume, che, colpendolo in un fianco, gli seppellì due costole in corpo.

Pagina 151 | Pos. 2313-14

— Sappi, Sancio, che un uomo non vale più d’un altro se non fa più d’un altro.

Pagina 162 | Pos. 2481-82

Dico dunque che sentirono picchiare dei colpi in cadenza e certo stridere di ferri e di catene, unitamente allo strepito furioso dell’acqua, che avrebbe incusso paura in qualsiasi altro animo che non fosse quello di don Chisciotte.

Pagina 166 | Pos. 2535-36

Dormi tu che sei nato per dormire, oppure fai quel che vorrai, che io farò quel che vedrò che più si conviene a quel che pretendo di essere.

Pagina 169 | Pos. 2592-94

Frattanto, o fosse il freddo del mattino, che s’appressava ormai, o che Sancio avesse a cena mangiato qualcosa di lassativo, o fosse cosa naturale (che è il più credibile), gli venne voglia e desiderio di fare quello che un altro non avrebbe potuto fare per lui;

Pagina 177 | Pos. 2707-11

— Non so nulla — rispose Sancio; — ma, in parola mia, se potessi parlare quanto solevo prima, forse direi tali ragioni che vossignoria vedrebbe che s’inganna in quel che dice. — Come posso ingannarmi in quel che dico, maledetto te co’ tuoi dubbi? — disse don Chisciotte. — Di’, non vedi quel cavaliere che viene verso di noi, sopra un cavallo grigio pomellato, che ha in capo un elmo d’oro? — Quel che vedo e scorgo — rispose Sancio — non è altro che un uomo sopra un asino, bigio come il mio, che ha in capo una cosa che risplende.

Pagina 178 | Pos. 2716-17

Sancio tacque temendo che il padrone chi sa non mantenesse il giuramento che gli aveva fatto chiaro e tondo, come una palla.

Pagina 189 | Pos. 2891-92

don Chisciotte alzò gli occhi e vide che su per la strada ch’ei seguiva, venivano un dodici individui a piedi, legati in fila per il collo, come chicchi di rosario, in una grossa catena di ferro, e tutti ammanettati.

Pagina 191 | Pos. 2928-31

Ora sta sempre cogitabondo e rattristato perché gli altri ladri rimasti là in carcere e quelli che son qui lo strapazzano, lo avviliscono, lo scherniscono, lo disprezzano per aver confessato e non avere avuto il coraggio di dir no. Perché essi dicono che di tante lettere è composto un sì quanto un no, e che un delinquente può dirsi più che fortunato, in quanto che la sua vita o la sua morte dipende dalla lingua sua, non già da quella dei testimoni e dalle prove.

Pagina 192 | Pos. 2933-36

— Io vado per cinque anni a madame le galere per essermi mancati dieci ducati. — Io ne darei molto volentieri venti — disse don Chisciotte — per liberarvi da questa seccatura. — Ciò mi fa l’effetto — rispose il galeotto — come di chi ha denaro stando in mezzo al mare, ma intanto muore di fame non avendo dove comprare quel che gli bisogna.

Pagina 194 | Pos. 2968-70

— Io mi trovo qui perché mi divertii un po’ troppo con due cugine mie, poi con altre due cugine che però non eran mie; insomma, tanto mi spassai con tutte queste che lo scherzo finì in un accrescimento della parentela in modo così imbrogliato che non c’è diavolo che possa metterla in chiaro.

Pagina 197 | Pos. 3008-10

— Tu mi sembri d’ingegno — disse don Chisciotte. — Quindi disgraziato — rispose Ginesio; — perché le disgrazie sempre perseguitano il bell’ingegno. — Perseguitano i furfanti — disse il commissario.

Pagina 197 | Pos. 3014-16

Levò alto il bastone il commissario per picchiare Passamonte in risposta alle sue parole di minaccia; ma don Chisciotte si mise di mezzo e lo pregò di non maltrattarlo, perché non era da meravigliarsi che chi aveva le mani così legate avesse un tantino la lingua sciolta.

Pagina 198 | Pos. 3032-33

Se ne vada, signore, alla buon’ora per la sua strada, e si raddrizzi cotesta catinella che ha in capo, e non vada a cercare cinque piedi nel gatto156.

Pagina 226 | Pos. 3454-57

— facciano un po’ loro; se la sbrighino fra loro. Se l’intendessero o no fra di loro, a Dio n’avranno dato conto; io bado ai fatti miei; non so nulla; non mi piace di sapere i fatti degli altri; ciascuno ha quel che si merita178. Tanto più che nudo nacqui e nudo mi ritrovo: di quel che tu non dei mangiare lascialo pur cuocere.

Pagina 228 | Pos. 3494-96

E quantunque io non pensi d’imitare Roldano, od Orlando, o Rotolando (giacché egli aveva tutti e tre questi nomi) a puntino, in tutte le pazzie che fece, disse e pensò, ne darò all’ingrosso un’idea il meglio che potrò in quelle che mi sembreranno più essenziali.

Pagina 230 | Pos. 3518-24

— Bada, Sancio, e te lo giuro per Colui appunto per cui giurasti tu dianzi — disse don Chisciotte — che tu hai il più corto comprendonio che ha ed ebbe mai scudiero al mondo. È possibile che in tutto il tempo da che tu vieni con me non ti sia accorto che tutte le cose dei cavalieri erranti, sembrano chimere, follie e stravaganze e che tutte sono fatte all’incontrario? E non già perché sia così, ma perché c’è sempre in mezzo a noi una caterva d’incantatori che tutte le cose nostre mutano e scambiano e le rivoltano a piacer loro e secondo che han voglia di favorirci o di rovinarci. Perciò quello che a te pare catinella da barbiere a me pare l’elmo di Mambrino, e ad un altro parrà un’altra cosa. Fu pertanto eccellente provvedimento del savio che sta dalla mia il far sì che a tutti sembri catinella ciò che in realtà e in verità è l’elmo di Mambrino, perché, essendo esso di tanto pregio, il mondo intero mi perseguiterebbe per togliermelo.

Pagina 231 | Pos. 3538-42

Oh, Dulcinea del Toboso, giorno della mia notte, gloria del mio patire, guida delle mie vie, stella della mia fortuna (così te la conceda favorevole il cielo in tutto quello che ti accada di chiedergli) considera il luogo e lo stato a cui tu mi hai condotto e ricambia benigna quello che alla mia costanza è dovuto! Oh, alberi solitari che da oggi in poi dovete far compagnia alla mia solitudine, accennate col carezzevole ondulamento dei vostri rami che non vi dispiace la mia presenza! Oh, tu, mio scudiero, amabile compagno della mia prospera e avversa fortuna, riponi bene in mente quello che qui mi vedrai fare per poi raccontarlo e riferirlo a colei che è tutta la causa di questo!

Pagina 243 | Pos. 3726-40

Così si divagava a passeggiare per il praticello, scrivendo e incidendo nelle cortecce degli alberi e sulla fina arena molti versi, tutti ispirati alla sua tristezza e alcuni in lode di Dulcinea. Quelli però che fu possibile rinvenire interi e che si potessero leggere dopo che egli fu lì trovato non furono se non i seguenti. Alberi, folte erbe e piante Che questo luogo adornate Così alte e verdi e tante, Dei mio mal se non godiate Mie querele udite sante. Non vi turbi il mio dolore Ch’io più regger non potea: Vi dà ei lacrime dirotte; Quivi pianse don Chisciotte La lontana Dulcinea Del Toboso. Ecco questo è il luogo donde D’ogni amante il più leale Dalla dama sua s’asconde; Ed è giunto a tanto male Non sapendo e come o donde. Lo strapazza e giorno e notte Un amor di razza rea; Fino ad empierne una botte Quivi pianse don Chisciotte La lontana Dulcinea Del Toboso. Sempre in traccia d’avventure Fra scoscese ed aspre rupi, Imprecando all’alme dure, Ché fra balze e fra dirupi Trova il misero sventure, Di sua sferza in crude lotte Amor perfido il battea; Dalle tante e tante bòtte Quivi pianse don Chisciotte La lontana Dulcinea Del Toboso195.

Pagina 246 | Pos. 3764-65

io non sono uomo che derubo né ammazzo nessuno: che ciascuno muoia per suo destino o per volere del Creatore.

Pagina 263 | Pos. 4030-31

Ah, pazzo, ch’io sono! Ora che mi trovo lontano e fuori del pericolo, dico che dovevo fare quel che non feci!

Pagina 266 | Pos. 4069-70

come mi fui addentrato per questi luoghi selvaggi, mi cadde morta la mula dalla stanchezza e dalla fame o, come credo meglio, per disfarsi di tanto inutile soma quale quella che portava in me.

Pagina 267 | Pos. 4086-88

Questa, o signori, l’amara storia della mia disgrazia: ditemi se è tale che possa esporsi con minore cordoglio di quello che avete visto in me, né vogliate darvi pensiero di convincermi e di consigliarmi ciò che la ragione vi possa mai suggerire come adatto a riparare ai miei mali, perché avrebbe a giovarmi quanto la medicina, prescritta da medico illustre, giova al malato che non vuole saperne di prenderla.

Pagina 271 | Pos. 4146-47

sarebbe inutile ch’io ora volessi fingere ancora una cosa che, qualora mi fosse creduta, sarebbe più per cortesia che per alcun’altra ragione.

Pagina 275 | Pos. 4211-12

cominciò a dirmi tali parole ch’io non so come possa accadere che la menzogna sia tanto maestra nel saperle acconciare in maniera che paiano tanto vere.

Pagina 278 | Pos. 4260-61

come sia sodisfatta la voglia, il piacere più vivo è quello di allontanarsi dal luogo dove il piacere è stato ottenuto.

Pagina 288 | Pos. 4411-13

A questo rimase Sancio tanto contento quanto rimase il curato stupito della sua semplicità, nonché al vedere come avesse nella sua fantasia bene incastrate le stesse stravaganze del suo padrone, in quanto che, senza alcun dubbio, si dava a credere che costui dovesse diventare imperatore.

Pagina 290 | Pos. 4443-44

Ora, all’opera; poiché nell’indugio si dice che suol essere il pericolo.

Pagina 291 | Pos. 4451-60

Quindi salì don Chisciotte su Ronzinante, il barbiere si acconciò sulla sua cavalcatura e Sancio rimase a piedi, rinnovandoglisi così il ricordo della perdita del suo leardo per il bisogno che allora ne avrebbe avuto. Però sopportava tutto con piacere, parendogli che ormai il suo signore fosse sulla strada, anzi molto vicino, per essere imperatore, poiché pensava come cosa sicura che si sarebbe ammogliato con quella principessa e sarebbe stato, per lo meno, re di Micomicone. Soltanto gli dava noia il pensiero che quel regno era in terra di negri e che tutto il popolo che a lui avesse a dare in vassallaggio avrebbe dovuto esser nero. Al che subito trovò nella sua immaginazione un buon riparo, e disse tra sé: — Che m’importa a me che i miei vassalli siano neri? Che altro se non farne tutto un carico e portarli in Ispagna dove potrò venderli e dove mi saranno pagati a pronti contanti? dal ricavato poi potrò comprare qualche titolo o qualche carica con cui vivere tranquillo tutti i giorni della mia vita. Nient’altro: sta’ a vedere che si dormirà, che non si avrà testa e destrezza per trarre partito dalle cose e per vendere trentamila, diecimila vassalli in un batter d’occhio! Per dio che li spaccerò, l’un per l’altro, come meglio potrò e che per quanto neri siano, ben saprò farli diventare io e bianchi e gialli.

Pagina 295 | Pos. 4509-12

nondimeno son arrivata a vedere quel che tanto desideravo di vedere, cioè, il signor don Chisciotte della Mancia, la fama del quale giunse alle mie orecchie appena ebbi messo piede in Ispagna e mi mosse a cercar di lui per raccomandarmi alla sua cortesia e affidare al valore del suo braccio invincibile quel che mi appartiene di diritto. — Non più: basta con le mie lodi — disse a questo punto don Chisciotte, — perché io odio ogni genere di adulazione; e per quanto questa non sia adulazione, pur offendono le mie caste orecchie simili discorsi.

Pagina 303 | Pos. 4633-40

— Ma credete voi — gli disse dopo un tratto — gran villanzone, ch’io abbia sempre a dovermivi levare di tra’ piedi e che altro non s’abbia a fare se non voi a peccare e io a perdonarvi? Ma levatelo dalla testa, furfante maledetto; sì, maledetto, di certo, perché hai sparlato della incomparabile Dulcinea. Ma non sapete voi, cafone, facchino, birbante, che se non fosse per il valore che lei infonde nel mio braccio, io non ne avrei neanche per ammazzare una pulce? Ditemi un po’, beffeggiatore dalla lingua di vipera, ma chi vi pensate che abbia conquistato questo regno e spiccato la testa a questo gigante e fatto marchese voi (perché tutto ciò lo dò per fatto già e per cosa ormai pacifica), se non il valore di Dulcinea che si è servita del mio braccio come strumento delle sue gesta? Lei combatte in me e lei vince in me; io vivo e respiro in lei, e da lei ho vita ed essere. Furfantaccio, nato d’una troia, come siete sconoscente! Vi vedete elevato dalla polvere della terra a signore titolato e ripagate così buona azione con dir male di chi ve la fece!

Pagina 306 | Pos. 4683-86

Però non è strano il vedere con quanta facilità questo disgraziato nobiluomo crede tutte queste fantasie e fandonie soltanto perché sono formate e modellate sulle scempiaggini dei suoi cari libri? — Proprio vero — disse Cardenio; — ed è tale e non mai veduta stranezza che io non so se, volendo inventarla e congegnarla bugiardamente, si sarebbe trovato un ingegno così acuto che potesse riuscirci.

Pagina 307 | Pos. 4698-4700

— Così sarebbe avvenuto — rispose Sancio, — se io non l’avessi mandata a memoria quando vossignoria me la lesse: di modo che la ripetei a un sagrestano che me la trascrisse dal mio comprendonio tanto esattamente da dire, che in tutta la vita sua, quantunque avesse letto molte lettere di scomunica, non aveva visto né letto una lettera così graziosa come quella.

Pagina 319 | Pos. 4881-86

— Io non so come può essere questo, perché, veramente, secondo me, non c’è nel mondo lettura migliore. Io ne ho due o tre con altri scritti che davvero mi hanno ricreato; e non soltanto me, ma più altri; perché, quando è il tempo della mietitura si radunano qui, la festa, molti mietitori, tra cui ce n’è sempre qualcuno che sa leggere, il quale prende in mano uno di questi libri e noi, formando circolo in più d’una trentina intorno a lui, lo stiamo ad ascoltare con sì vivo piacere che ci sentiamo come ringiovanire. Di me, per lo meno, so dire che quando sento narrare di quei furiosi e tremendi colpi menati dai cavalieri, mi vien voglia di fare altrettanto e desidererei stare a sentire notte e giorno.

Pagina 326 | Pos. 4994-95

sua moglie Camilla non desiderava né voleva diversamente da quello che egli voleva ch’ella desiderasse e volesse

Pagina 347 | Pos. 5316-17

a piedi asciutti hai passato il mare delle perplessità e dei sospetti

Pagina 378 | Pos. 5786-88

— Per quello che voi dovete all’essere chi siete, signor don Fernando, quando non vogliate farlo per altro riguardo, lasciatemi; lasciatemi aderire a quella muraglia di cui io sono una pietra; ch’io mi sostenga a colui dal quale non mi han potuto distaccare né le vostre sollecitazioni, né le vostre minacce, né le vostre promesse né i vostri doni.

Pagina 382 | Pos. 5858-59

quando si obbedisce alle leggi del piacere, a patto che non vi sia nulla di peccaminoso, di nessuna colpa ha da essere ripreso chi le segue.

Pagina 399 | Pos. 6112-16

in cuor mio mi dolgo di avere intrapreso questa professione di cavaliere errante in una età tanto detestabile quale è questa in cui ci troviamo oggi a vivere; perché, quantunque non mi faccia paura nessun pericolo, per altro m’inquieta il pensare che poca polvere e poco piombo mi abbiano a togliere il modo di farmi famoso e celebre per tutta quanta la terra, col valore del mio braccio e col filo della mia spada. Ma faccia il cielo ciò che gli piacerà: se riesco nel mio intento, sarò tanto più apprezzato quanto più ho affrontato pericoli maggiori di quelli a cui si esposero i cavalieri dei secoli passati.

Pagina 400 | Pos. 6126-27

Egli, vedendosi pregare da tanti, disse che non occorrevano preghi dov’era di tanto peso il comando.

Pagina 401 | Pos. 6140-41

Or vedendo egli che, a quanto diceva, non poteva contrastare con la propria indole, volle disfarsi del mezzo e della causa che lo faceva essere scialacquone e prodigo; disfarsi cioè della ricchezza, senza della quale lo stesso Alessandro sarebbe sembrato un tirchio.

Pagina 419 | Pos. 6411-13

Per quattro giorni ci fu sempre gente nel bagno: il che fu causa che quattro giorni tardasse ad apparire la canna; in capo ai quali, quando il bagno fu, come al solito, deserto, apparve con la pezzuola così gravida che prometteva un felicissimo sgravo.

Pagina 420 | Pos. 6425-26

l’esperienza gli aveva insegnato quanto male i liberati mantenevano la parola che avevano data mentre erano in schiavitù.

Pagina 434 | Pos. 6646-47

Voglio dunque che tu sappia ch’ella è cristiana, che è stata lei la lima delle nostre catene, la liberazione nostra dalla schiavitù:

Pagina 443 | Pos. 6786-89

Altro non ho a dirvi, o signori, circa la mia storia. La quale giudichino le vostre sane intelligenze se è dilettevole e peregrina; quanto a me, posso dire che vorrei avervela contata più in breve, sebbene il timore di darvi noia mi abbia fatto tacere più d’una circostanza263.

Pagina 445 | Pos. 6811-16

— Con tutta sicurtà può la signoria vostra entrare in questo castello e a suo talento aggirarvisi; ché per ristretto e mal acconcio ch’esso sia, non c’è ristrettezza e disagio nel mondo che non faccia posto alle armi e alle lettere, e più se le armi e le lettere hanno seco a guida e duce la bellezza, come appunto le lettere rappresentate da vostra signoria l’hanno in questa vezzosa donzella, dinanzi a cui deggiono non solamente schiudersi e spalancarsi i castelli, ma scostarsi le rupi e dividersi in mezzo e spianarsi le montagne per farle accoglienza. Entri, dico, vossignoria in questo paradiso; ché qui troverà e astri e soli i quali si accompagneranno al cielo che vossignoria mena seco, e qui troverà le armi nel loro splendore e la bellezza nella sua perfezione più alta.

Pagina 456 | Pos. 6978-80

— Oh, mia signora Dulcinea del Toboso, limite estremo d’ogni bellezza, culmine e coronamento della saggezza, arca d’ogni miglior grazia, deposito della virtù, e, infine, stampo di quanto v’ha di buono, di pregiato e di delizioso nel mondo!

Pagina 457 | Pos. 6998-99

Perdonatemi, valente signora, ritiratevi nelle vostre stanze e non vogliate, con aprirmi maggiormente i desideri vostri, che io mi abbia a maggiormente addimostrare ingrato.

Pagina 466 | Pos. 7137-38

— Corra, signor cavaliere, col valore che Dio le ha dato, corra a soccorrere il mio povero padre, ché due malvagi lo stanno macinando come palate di grano nella tramoggia.

Pagina 466 | Pos. 7137-56

— Corra, signor cavaliere, col valore che Dio le ha dato, corra a soccorrere il mio povero padre, ché due malvagi lo stanno macinando come palate di grano nella tramoggia. Le rispose don Chisciotte molto ponderatamente e con molta pacatezza: — Vezzosa damigella, ell’è fuor di luogo per adesso la petizion vostra anzi che no, perché mi è fatto divieto di intromettermi in altra avventura insino a che non abbia io dato compimento ad una in cui la mia parola mi ha impegnato. Quello tuttavia ch’io potrò fare in servigio vostro, or io vi dirò: correte a dire al padre vostro che si sostenga nella pugna il meglio che per avventura ei possa e che non si lasci vincere in verun modo, insino a tanto che io chieda alla principessa Micomicona licenza di poterlo soccorrere nella sua tribolazione, donde abbiate per certo che io lo trarrò s’ella mel conceda. — Oh, povera me! — disse a ciò Maritornes, lì presente. — Prima che vossignoria ottenga questa licenza che dice, il mio padrone sarà già nel mondo di là. — Lasciate, signora, che io ottenga la licenza che dico — rispose don Chisciotte; — ché come io l’abbia, poco monterà ch’ei sia al mondo di là, conciossiaché io ne lo trarrò ad onta che il mondo intero vi si opponesse o, per lo meno, siffattamente vi vendicherò di coloro che là lo avranno inviato da esserne meglio che medianamente satisfatte. E senza più dire, andò a porsi in ginocchio davanti a Dorotea, chiedendole con parole cavalleresche ed errantesche che la sua grandezza si compiacesse di dargli licenza di accorrere a soccorrere il castellano di quel castello che era posto a grave distretta. Di buon grado gliela concesse la Principessa, ed egli, imbracciando la targa e mettendo mano alla spada, corse alla porta dell’osteria dove i due ospiti seguitavano a malmenare l’oste; ma, come vi giunse, rimase di stucco e non si mosse, per quanto Maritornes e l’ostessa gli domandassero perché s’arrestava così; che, via, andasse a soccorrere il loro padrone e marito! — M’arresto — disse don Chisciotte — dappoiché non mi è lecito por mano alla spada contro gente di condizione scudieresca; ma fatemi venir qui il mio scudiero Sancio, ché questa difesa e vendetta tocca a lui e lui riguarda. Ciò succedeva sull’ingresso dell’osteria, dove i pugni e gli sgrugnoni venivano assestati magnificamente, a totale danno dell’oste e rabbia di Maritornes, dell’ostessa e della figliola che si davano alla disperazione vedendo la codardia di don Chisciotte e come l’andava male per il loro marito, padrone e padre.

Pagina 496 | Pos. 7603-4

la finzione è tanto più attraente quanto più sembra verità, e tanto più diletta quanto più ha in sé di verosimile e di possibile ad accadere.

Pagina 497 | Pos. 7611-30

Il curato lo stette a sentire con grande attenzione e gli parve un uomo di bell’intelligenza, che aveva ragione in quel che diceva; così gli disse che, essendo egli della sua medesima opinione e avendocela a morte coi libri di cavalleria, aveva bruciato tutti quelli di don Chisciotte, che erano in gran numero. E gli raccontò della disamina che ne aveva fatto, di quelli che aveva condannato al fuoco o risparmiati; del che rise non poco il canonico, il quale affermò che, nonostante il male che di tali libri aveva detto, pur vi trovava una cosa buona, cioè, che offrivano argomento ad una bella intelligenza di potervisi manifestare, perché davano largo ed ampio campo per il quale la penna poteva liberamente scorrere descrivendo naufragi, procelle, scontri, battaglie, e rappresentando un prode capitano con tutte le doti che si richiedono per esser tale col mostrarsi avveduto in prevenire le astuzie dei nemici, oratore eloquente col persuadere e dissuadere i soldati, ponderato nel prender consiglio, rapido nella determinazione presa, altrettanto valoroso nell’attesa quanto nell’offesa; ritraendo ora un pietoso e tragico fatto, ora un caso lieto e improvviso, là una bellissima dama, onesta, assennata e riservata, qui un cavaliere cristiano prode e cortese, costà un barbaro prepotente e smargiasso, di qua un principe cortese, valoroso e gradito; rappresentando vassalli buoni e leali, signori generosi e munifici. Lo scrittore ora può mostrarsi astrologo, ora cosmografo eccellente, ora musicista, ora competente in scienza di Stato e fors’anche avrà occasione di mostrarsi negromante, se vorrà. Egli può ritrarre le astuzie di Ulisse, la pietà di Enea, la prodezza di Achille, le sventure di Ettore, i tradimenti di Sinone, l’amicizia di Eurialo, la generosità di Alessandro, il valore di Cesare, la clemenza e la sincerità di Traiano, la fedeltà di Zopiro, la saggezza di Catone e, finalmente, tutte quelle qualità che possono fare perfetto un personaggio illustre ora raccogliendole in un solo, ora ripartendole fra molti. E qualora ciò sia fatto con stile dilettevole e con ingegnosa invenzione, la quale miri il più possibile al vero, indubbiamente egli comporrà una tela intessuta di varie e belle trame che, finita, mostrerà tale perfetta bellezza da conseguire lo scopo migliore che pretendiamo negli scritti, cioè, istruire e insieme dilettare, come ho già detto. Perché il non ristretto genere di questi libri dà modo a che l’autore possa dimostrarsi epico, lirico, tragico, comico, con tutti quei pregi che in sé racchiudono le dolcissime e gradite discipline della poesia e dell’oratoria; poiché l’epica può scriversi tanto in prosa quanto in verso.

Pagina 499 | Pos. 7640-41

vedo che sono più gli sciocchi degli intelligenti e che, sebbene sia meglio esser lodato dai pochi intelligenti che burlato dai molti sciocchi, non voglio sottostare al giudizio incerto del volgo vano che è quello, per lo più, che legge siffatti libri.

Pagina 505 | Pos. 7732-35

Quel che devi credere e capire sì è che se costoro li assomigliano, come affermi, dev’essere perché quelli che m’hanno incantato avranno preso cotesto aspetto e somiglianza, essendo facile agli incantatori prendere la figura che loro attalenta; ed avranno preso quelle di questi nostri amici per darti motivo di pensare quel che pensi e di cacciarti in un labirinto di supposizioni da non esser capace di uscirne, ancorché tu avessi il filo che aveva Teseo.

Pagina 507 | Pos. 7766-67

Io so e credo di essere incantato: il che mi basta per la tranquillità della mia coscienza;

Pagina 521 | Pos. 7976-77

— Sì, è proprio vero, Sancio — disse don Chisciotte; — vattene dove tu vuoi e mangia quanto più puoi, ché io sono già sazio e solo mi manca rifocillare lo spirito, come farò ascoltando il racconto di questo buon uomo.

Pagina 522 | Pos. 7992-93

Badava a lei suo padre e vi badava lei da sé; perché non vi sono né lucchetti, né custodi, né serrature che proteggano una fanciulla meglio del proprio riserbo.

Pagina 524 | Pos. 8029-30

negli amorosi casi nessun desiderio si compie meglio di quello che ha dalla sua la propensione della dama,

Pagina 527 | Pos. 8070-71

Questa è la storia che avevo promesso di narrarvi. Se nel narrarla sono stato lungo, non sarò scarso nel servirvi: qui vicino è la mia capanna dove ho latte fresco e formaggio quanto mai saporoso, come anche varietà di frutta mature, piacevoli non meno alla vista che al gusto.

Pagina 528 | Pos. 8084-91

Lo guardò il capraio e vedendo don Chisciotte così male in arnese e di così brutto aspetto, stupì e domandò al barbiere che aveva vicino: — Signore, ma chi è costui che ha quella figura e parla così? — Chi dev’essere — rispose il barbiere — se non il famoso don Chisciotte della Mancia, disfacitore di offese, raddrizzatore di torti, la difesa delle donzelle, lo spavento dei giganti e il vincitore delle battaglie? — Ciò mi somiglia — rispose il capraio — a quel che si legge nei libri dei cavalieri erranti che facevano tutto cotesto che vossignoria dice di quell’uomo lì; sebbene, per me ritengo o che vossignoria scherza o che questo signore deve aver messo l’appigionasi alle camere vuote del suo cervello. — Siete un grandissimo furfante — disse a questo punto don Chisciotte. — Siete voi vuoto e stupido, perché io sono più pieno di quanto mai fosse la nata d’una troia, troiona che vi mise al mondo.

Pagina 534 | Pos. 8176-78

Alla notizia di tale arrivo di don Chisciotte accorse la moglie di Sancio Panza, la quale ben aveva saputo che era andato con lui a fargli da scudiero; così che quando vide Sancio, la prima cosa che gli domandò fu se l’asino stava bene.

Pagina 536 | Pos. 8211-13

Il quale autore a coloro che l’abbiano a leggere, in premio dell’immensa fatica che gli costò cercare e rovistare tutti gli archivi della Mancia per darla alla luce, altro non chiede se non che gli prestino la medesima fede che la gente di buon senso suol prestare ai libri di cavalleria, i quali vanno per il mondo tanto apprezzati.

Frasi dal volume secondo

Pagina 544 | Pos. 8340-41

l’abbondanza delle cose, anche se buone, fa che non siano pregiate, mentre la scarsezza, magari delle cattive, conferisce loro certo valore.

Pagina 567 | Pos. 8692-99

— Una delle pecche che si censurano in questa storia — disse il baccelliere — è che l’autore ci ha inserito una novella intitolata L’indagatore malaccorto; non perché sia brutta o male esposta, ma perché è fuori di luogo e non ha che vedere con la storia del signor don Chisciotte. — Scommetto — rispose Sancio — che quel figliol d’un cane ha fatto tutt’una minestra. — Dico allora — sentenziò don Chisciotte — che non già un dotto è stato l’autore della mia storia, ma qualche ignorante cicalone che si mise a scriverla alla babbalà, senz’alcuna riflessione, come faceva Orbaneja, il pittore di Úbeda, il quale, a chi gli domandava cosa dipingeva, rispondeva: «Quel che ne viene». Se un gallo, lo dipingeva in modo tale e così difforme che bisognava ci scrivesse accanto, a grandi caratteri: «Questo è un gallo». E così dev’essere della mia storia, che avrà bisogno di commento per poterla capire.

Pagina 569 | Pos. 8711-13

nella commedia il carattere che richiede più abilità è quello del babbeo30 perché non deve essere punto uno sciocco colui che vuol dare a credere di esserlo.

Pagina 570 | Pos. 8726-27

Dico quindi che è grandissimo rischio quello a cui si mette chi stampa un libro, essendo assolutamente impossibile comporlo in modo da soddisfare e contentare tutti quelli che lo abbiano a leggere.

Pagina 571 | Pos. 8753-54

In tale dirotto e lamentoso pianto proruppi io allora che se l’autore della nostra storia non l’ha messo, faccia pur conto di non aver messo nulla di bello.

Pagina 572 | Pos. 8766

ognuno è come Dio l’ha fatto e spesso spesso è magari peggio.

Pagina 573 | Pos. 8772-73

certuni dicono: «Mai seconde parti furon buone»

Pagina 574 | Pos. 8794-95

fra i due estremi, codardia e temerità, c’è quel di mezzo, cioè, la prodezza.

Pagina 576 | Pos. 8831-34

Il traduttore di questa storia, giunto a scrivere questo quinto capitolo, dice che lo ritiene apocrifo, perché Sancio Panza vi parla in modo diverso da quello che ci si poteva ripromettere dalla sua limitata intelligenza e vi dice cose tanto sottili da non creder possibile che potesse saperle; dice però che non volle tralasciare di scriverlo per compiere tutto il dovere dell’incarico commessogli.

Pagina 578 | Pos. 8856-57

Il miglior condimento che ci sia è la fame; e siccome questa ai poveri non manca mai, sempre mangiano di gusto.

Pagina 579 | Pos. 8868-69

— Regolatevi, Sancio, secondo la vostra condizione — rispose Teresa; — non vogliate essere da più di quel che siete e ricordate il proverbio che dice: «Moglie e ronzino pigliali dal vicino».

Pagina 583 | Pos. 8926

vestilo a modo che non faccia vedere quel che è ma appaia quel che dev’essere.

Pagina 583 | Pos. 8929-30

Tuttavia vi dico un’altra volta di fare quel che vi piacerà, ché noi donne siamo nate con questo peso, cioè, di star soggette ai nostri mariti, anche che siano di gran carciofi.

Pagina 587 | Pos. 9001

non fa felice il possessore delle ricchezze il possesso di esse ma lo spenderle,

Pagina 591 | Pos. 9047-60

Mentre intanto don Chisciotte e Sancio stettero chiusi insieme, ebbero luogo fra loro i discorsi che la storia riferisce quanto mai esattamente e fedelmente. Disse Sancio al padrone: — Signore, io ho già addotto mia moglie a lasciarmi venire con vossignoria dove vorrà condurmi. — Indotto devi dire, Sancio — disse don Chisciotte — e non addotto. — Già un paio di volte — rispose Sancio, — se mal non mi ricordo, ho pregato vivamente vossignoria di non correggermi le parole, quando ha capito quello che con esse voglio dire; quando poi non le capisce, dica: «Sancio (o diavolo), non ti capisco che se io non saprò spiegarmi, allora potrà correggermi; poiché io sono tanto fòcile… — Non ti capisco, Sancio — disse subito don Chisciotte — perché non so cosa vuol dire «sono tanto fòcile». — Tanto fòcile vuol dire — rispose Sancio — sono tanto così. — Ora meno che mai ti capisco — replicò don Chisciotte. — Allora, se non mi può capire — rispose Sancio, — non so come devo dire; non so dir altro, e che Dio mi aiuti. — Ah, ecco, ora ci ho dato — esclamò don Chisciotte: — tu vuoi dire che sei tanto docile, arrendevole, trattabile, che tu seguirai quello che io t’abbia a dire e ti sottoporrai a quel ch’io t’abbia a insegnare. — Io scommetto — disse Sancio — che alla prima vossignoria era penetrato nel mio pensiero e m’aveva capito; senonché ha voluto confondermi per sentirmi dire un’altra filza di strafalcioni. — Potrebb’essere — replicò don Chisciotte.

Pagina 599 | Pos. 9181-82

È vero, sì, che sono un po’ malizioso e che ho qualche spunto di briccone, ma tutto ricopre e para il gran mantello della mia ingenuità, sempre naturale e mai artificiosa.

Pagina 601 | Pos. 9214-18

Dobbiamo uccidere nei giganti la superbia, vincere l’invidia con la generosità e con la bontà di cuore, l’ira col portamento calmo e con la serenità dell’animo, la gola e il sonno con quel poco che mangiamo e con quel molto che vegliamo, la lussuria e la lascivia con la lealtà che serbiamo a quelle che abbiamo elette a signore dei nostri pensieri, la pigrizia col percorrere del mondo ogni parte in cerca delle occasioni le quali valgano a farci e ci facciano, oltre che cristiani, celebrati cavalieri. Ecco, o Sancio, con quali mezzi si ottiene la maggiore lode che seco porta la buona fama.

Pagina 604 | Pos. 9258

Giunto il momento stabilito, entrarono nella città, dove avvennero loro cose che possono dirsi proprio cose.

Pagina 606 | Pos. 9288-97

— Starò zitto — rispose Sancio; — ma come poter sopportare con pazienza che vossignoria pretenda che per una volta sola che ho veduto la casa della nostra padrona, la debba riconoscere poi sempre e ritrovarla a mezzanotte, mentre non la ritrova vossignoria che deve averla veduta migliaia di volte? — Tu mi vuoi far disperare, Sancio — disse don Chisciotte. — Senti qui, manigoldo: non t’ho detto le mille volte che in tutta la vita mia non ho mai veduto la incomparabile Dulcinea né mai ho passato le soglie del suo palazzo e che soltanto sono innamorato per sentita dire e per la tanta fama che ella ha di bella e di saggia? — Lo sento ora — rispose Sancio; — e posso affermare che se non l’ha mai vista vossignoria, ebbene, nemmeno io. — Ciò non può essere — replicò don Chisciotte; — ché, per lo meno, tu già mi dicesti che l’avevi veduta vagliare il grano, quando mi recasti la risposta alla lettera che le mandai per te. — Non ci faccia caso, padrone — rispose Sancio; — perché le fo sapere che il fatto d’averla veduta e la risposta che le portai fu pure per sentita dire, e che io tanto so chi è la signora Dulcinea quanto saprei dare un pugno in cielo.

Pagina 612 | Pos. 9372-76

Questo soliloquio fece tra sé Sancio, e la conclusione che ne cavò fu che tornò a dirsi: — Orbene, a tutto c’è rimedio meno che alla morte, sotto il giogo della quale tutti si deve passare, per quanto, quando la vita finisce, ci dispiaccia. Questo mio padrone ho visto da mille prove che è un matto da legare, e anche io, del resto, non gli rimango punto indietro, perché, se è vero il proverbio che dice «dimmi con chi vai e ti dirò chi sei» e l’altro «non donde nasci, ma donde pasci», sono più matto di lui perché lo seguo e lo servo.

Pagina 616 | Pos. 9433-35

voglia tu darmi uno sguardo carezzevole e amoroso, sì che tu osservi in questa sommissione e in questo mio stare genuflesso dinanzi alla tua svisata bellezza, l’umiltà, con cui ti adora l’anima mia. — All’anima de mi’ nonno! — rispose la contadina.

Pagina 631 | Pos. 9666-68

— Chi va là? Qual essere umano? È, per caso, del numero dei felici o degli infelici? — Degli infelici — rispose don Chisciotte. — Allora si accosti a me — seguitò colui dal Bosco, — e faccia pur conto di accostarsi alla tristezza e alla infelicità in persona.

Pagina 634 | Pos. 9710-11

deve sapere vossignoria che, con tutto che io possa parere un uomo, per la chiesa io sono una bestia.

Pagina 635 | Pos. 9726-35

— Son doti coteste — rispose quel del Bosco — non solo per divenire contessa, ma anche ninfa del verde bosco. Oh, troia d’una troia, come dev’essere robusta la briccona! Al che rispose Sancio, alquanto stizzito: — Né troia lei né mai lo fu sua madre, né lo saranno mai nessuna delle due, a Dio piacendo, finché io viva. E si parli con un po’ più di garbo. Per essere vossignoria venuto su fra cavalieri erranti, che sono la cortesia in persona, non mi sembrano molto a posto queste parole. — Oh, come se ne intende poco, signor scudiero, in fatto di complimenti! Ma come non sapere che quando qualche valoroso cavaliere assesta un buon colpo di lancia al toro nel circo, o quando qualcuno fa una cosa proprio a modo si suol dire comunemente: Figlio d’una troia, com’è stato bravo!, e che ciò che in quella espressione sembra oltraggio, è invece alta lode? Anzi, signor mio, voi dovete repudiare quei figli o figlie che non compiono opere da meritare che ai loro genitori vengan fatti complimenti di simil genere. — Sì, li repudio — rispose Sancio; — e pertanto vossignoria potrebbe rovesciare su di me, sui miei figlioli e su mia moglie tutto un troiaio, appunto per questo, perché quanto essi fanno e dicono è sommamente degno di lode siffatta.

Pagina 653 | Pos. 10000-10004

— In verità, signor Sansone Carrasco, c’è toccato quel che ci si meritava: è facile pensare e accingersi a un’impresa, ma è difficile il più spesso uscirne bene. Don Chisciotte matto, noi savi, ma intanto lui se ne va sano e ridendo; vossignoria è pesto e contristato. Vediamo un po’, ora dunque: chi è più matto? colui che è tale perché deve essere così, o colui che è tale perché così vuole lui. Al che rispose Sansone: — Il divario che c’è fra questi due matti è che quegli il quale è tale per forza sarà sempre tale, mentre quegli che è matto per suo piacimento cesserà d’esserlo quando vorrà.

Pagina 657 | Pos. 10063-76

— Se quest’aspetto che vossignoria ha notato in me le avesse, per essere sì strano e sì fuori dell’ordinario, destato maraviglia non me ne maraviglierei già io; ma cesserà di esserne sorpresa quando io le dica, come le dico, che sono cavaliere Di quei che il popol dice Che a lor venture van. Sono uscito dalla mia patria, ho impegnato i miei averi, ho lasciato ogni mia agiatezza e mi son dato in braccio alla Fortuna perché mi menasse dove più le piacesse. Ho voluto richiamare in vita la già morta cavalleria errante ed è ormai più e più tempo che, inciampando qui, cadendo là, venendo giù a capofitto qua e rialzandomi costà, ho adempiuto gran parte del mio desiderio, soccorrendo vedove, proteggendo donzelle e prestando assistenza a maritate, a orfani e a pupilli; proprio e naturale compito questo dei cavalieri erranti: cosicché, per le mie valorose, numerose e cristiane imprese ho meritato di andar già per le stampe fra tutte o quasi tutte le nazioni del mondo. Trentamila volumi sono stati stampati della mia storia79 ed è ben sulla via di essere stampata trentamila migliaia di volte se il cielo non ci mette riparo. Insomma, per dirla in poche parole, o meglio, in una parola sola, sappiate che io sono don Chisciotte della Mancia, per altro nome chiamato il Cavaliere dalla Triste Figura. E avvegnaché il lodarsi per sé stesso sia un abbassarsi, mi è pur giocoforza talvolta fare io le mie lodi, ben inteso quando non si trovi presente chi me le faccia. Per il che, signor gentiluomo, né questo cavallo, né questa lancia, né questo scudo e scudiero, né tutte insieme queste armi, né il giallore della mia faccia, né la mia sparuta magrezza vi potrà d’ora in avanti suscitar maraviglia, avendo ormai saputo chi sono e quale è la mia professione.

Pagina 659 | Pos. 10095-97

Ho un sei dozzine di libri, quali in volgare e quali in latino, certuni di storia e cert’altri di devozione: libri di cavalleria hanno ancora a passare le soglie di casa mia. Sfoglio di preferenza i profani che i devoti, purché di onesto trattenimento, dilettino con la lingua elegante e suscitino ammirazione e interesse per l’invenzione, sebbene pochi ce ne sia di questi in Ispagna.

Pagina 660 | Pos. 10113-15

Potrà avere un diciotto anni; sei è stato agli studi a Salamanca, dove ha imparato le lingue latina e greca, e quando io volli che passasse a studiare altre discipline, lo trovai così trasportato per quella della poesia (se pur si può chiamare disciplina), che non è possibile fargli affrontare quella delle leggi che io desidererei studiasse, e neanche la regina di tutte, cioè, la teologia.

Pagina 662 | Pos. 10139-41

il grande Omero non scrisse in latino perché era greco, e Virgilio non scrisse in greco perché era latino. In conclusione, tutti i poeti antichi scrissero nella lingua che succhiarono col latte e non andarono a cercare le straniere per esprimere i loro alti concetti.

Pagina 665 | Pos. 10184-86

— Che sarà mai, o Sancio, che pare che mi si rammolisca la testa o mi si squaglino le cervella o ch’io sudi tutto da capo a piedi? E se sudo, davvero che non è per paura. Senza alcun dubbio, terribile è l’avventura che ora sta per accadermi. Dammi, se ce l’hai, con che mi possa pulire, poiché il sudore profuso mi acceca.

Pagina 665 | Pos. 10192-96

Potevo io aver l’ardire di sporcare l’elmo di vossignoria? L’avete trovato, sì proprio, chi si azzarderebbe! In fede mia, signore, per quel che Dio mi fa capire, anch’io ci devo avere degli incantatori che mi perseguitano come creatura e membro di vossignoria: avranno essi messo costì cotesto sudiciume per muoverla ad ira e far sì che, al solito, mi pesti l’ossa. Però questa volta davvero che l’han fatta bassina; perché fido sul buon senso del mio signore, il quale vorrà riflettere che non ho ricotte io, né latte né altra cosa consimile e che se le avessi le avrei piuttosto messe nello stomaco che nella celata.

Pagina 668 | Pos. 10238-41

— Veda, signor mio — diceva Sancio — che qui non c’è incantagione né cosa consimile, perché ho visto io attraverso le sbarre e gl’interstizi della gabbia un’unghia di leone vero, e da essa argomento che quel leone di cui dev’essere quell’unghia, è più grande d’una montagna. — La paura — rispose don Chisciotte — te lo farà parere per lo meno più grande della metà del mondo. Ritirati, Sancio, e lasciami stare.

Pagina 675 | Pos. 10349-52

Qui l’autore descrive ogni particolare della casa di don Diego, ritraendoci così quello che ha in sé una casa di nobiluomo campagnolo e ricco; ma al traduttore parve opportuno tralasciare queste ed altre simili minuzie, perché non bene concordavano col proposito principale della storia, la quale più si rafforza della verità che delle fredde digressioni.

Pagina 677 | Pos. 10374-78

dica vossignoria: che versi sono quelli che ora ha per le mani e che mi ha detto il suo signor padre, lo fanno essere alquanto irrequieto e distratto? Che se è qualche «glossa», io me n’intendo un po’ in fatto di glosse, e sarei lieto di conoscerli; e se sono per alcuna gara letteraria, cerchi vossignoria di avere il secondo premio, perché il primo lo riporta sempre il favore oppure la cospicua condizione sociale della persona; il secondo lo riporta la pura giustizia; così il terzo viene a esser secondo, e il primo, contando in questo modo, sarà il terzo,

Pagina 681 | Pos. 10441-43

Non pare forse strano che, a quanto si dice, don Lorenzo gongolasse di gioia al sentirsi lodare da don Chisciotte, che pure riteneva per matto? Oh, potenza della adulazione, come tu arrivi lontano e come estesi sono i confini del tuo piacevole dominio!

Pagina 685 | Pos. 10497

le ricchezze hanno il potere di saldare molte crepe.

Pagina 688 | Pos. 10535-38

— Dio ci metterà riparo — disse Sancio; — perché Dio manda il male e poi la medicina; nessuno sa quel che sarà; di qui a domani ci sono molte ore, e in un’ora, magari in un momento, vien giù la casa; io ho visto piovere e splendere il sole quasi a un medesimo punto; tal si corica sano la sera che non si può muover la mattina. Mi dica un po’: c’è forse chi possa vantarsi di aver inchiodato la ruota della fortuna? No, di certo; e tra il sì e il no d’una donna io non m’arrischierei a mettere la punta d’uno spillo, perché non c’entrerebbe.

Pagina 688 | Pos. 10542-46

— Oh! quando non mi si capisce — rispose Sancio — non c’è da farsi maraviglia se le mie sentenze son ritenute per spropositi. Ma non importa: mi capisco io da me, e so di non aver detto tante scempiaggini in quel che ho detto; soltanto che vossignoria, padron mio, mi fa sempre il friscale in quel che dico e anche in quel che faccio. — Fiscale devi dire — gli osservò don Chisciotte; — e non friscale, travisatore del corretto parlare, che Dio ti confonda!

Pagina 689 | Pos. 10554-55

Io, signori, indegnamente, ho studiato diritto canonico a Salamanca e mi picco un po’ di sapermi spiegare con parole terse, semplici ed espressive.

Pagina 696 | Pos. 10667-71

E bello gli parve pure un altro che entrò, di fanciulle quanto mai avvenenti, così giovani che, a quanto sembrava, nessuna aveva meno di quattordici anni e non giungeva a diciotto, tutte vestite di pannolano verde, con le chiome parte a trecce e parte disciolte, e bionde talmente da poter gareggiare con i raggi del sole; sulle quali inoltre portavano ghirlande intessute di gelsomini, di rose, di amaranti e di madreselva. Le guidava un venerando vecchio e una matrona attempata, più agili e svelti tuttavia che non promettesse la loro età.

Pagina 709 | Pos. 10857-58

— Non si possono né debbono chiamare inganni — disse don Chisciotte — quelli che hanno di mira uno scopo onesto;

Pagina 717 | Pos. 10994-96

mi tastai il capo e il petto per accertarmi se ero proprio io quello che era lì o qualche fallace fantasma con le mie parvenze. Il tatto però, il sentimento, i discorsi ragionati che facevo dentro di me mi cerziorarono che io ero lì allora quello stesso che sono qui ora. Mi

Pagina 717 | Pos. 10994-96

mi tastai il capo e il petto per accertarmi se ero proprio io quello che era lì o qualche fallace fantasma con le mie parvenze. Il tatto però, il sentimento, i discorsi ragionati che facevo dentro di me mi cerziorarono che io ero lì allora quello stesso che sono qui ora.

Pagina 736 | Pos. 11286-95

«È mai possibile, compare, che non sia stato il mio asino quello che ha ragliato?». «No, sono stato io» rispose l’altro. «Allora devo dire» soggiunse il padrone «che da voi a un asino non c’è proprio differenza, quanto a ragliare; perché in vita mia non ho visto né udito nulla di più preciso». «Coteste così calde lodi» rispose colui che aveva fatto il piano «meglio toccano e riguardano voi che me, compare; perché, per quel Dio che m’ha creato, potete dare due ragli di vantaggio al migliore e più esperto ragliatore del mondo: il tono che avete è alto, la voce è ben sostenuta a tempo e misura, e le ultime note fitte e rapide: insomma, io mi dò per vinto, vi cedo la palma e vi consegno la bandiera di questa rara capacità». «Allora devo dire» rispose il padrone dell’asino, «che mi riterrò e mi stimerò da più, d’ora in poi, e mi darò a credere di pur sapere qualcosa, dal momento che ho qualche bella qualità, giacché, quantunque credessi di ragliare bene, mai però mi pensavo di arrivar alla perfezione che voi dite». «Ed anch’io ora dirò», rispose il secondo, «che ci sono nel mondo delle rare capacità che vanno perdute e che sono male impiegate in gente che non sanno valersene». «Le nostre però» rispose il padrone dell’asino , «se non sia in casi simili a quello che abbiamo tra mano, non ci possono servire in altro e anche Dio voglia che ora ci siano di vantaggio».

Pagina 745 | Pos. 11411-13

Sedutisi, dunque, di fronte al quadro scenico e rimasti alcuni in piedi di quanti si trovavano nella locanda, accomodatisi nei posti migliori don Chisciotte, Sancio, il paggio e il cugino di Basilio, l’interprete cominciò a dire quel che sentirà e vedrà chi caso mai sentirà o leggerà il seguente capitolo.

Pagina 754 | Pos. 11555-58

Cide Hamete, cronista delle presente grande storia, comincia questo capitolo con queste parole: «Giuro come cristiano cattolico…»; al che il suo traduttore osserva che il giurare Cide Hamete come cristiano cattolico essendo egli, quale senza dubbio era, Moro, altro non volle significare se non che, nel modo stesso che il cristiano cattolico quando giura, giura o deve giurare la verità e di dire la verità in ciò che abbia a dire, così, come se giurasse da cristiano cattolico, la diceva lui in quello che intendeva scrivere di don Chisciotte,

Pagina 757 | Pos. 11604-5

Don Chisciotte, vedendosi guardare così attentamente, volle, senza che nessuno gli parlasse né gli domandasse nulla, approfittare di quel loro silenzio; perciò, rompendo il suo, ad alta voce disse:

Pagina 775 | Pos. 11871-76

— Bella signora, quel cavaliere che si vede laggiù, chiamato il Cavaliere dai Leoni, è il mio padrone e io sono il suo scudiero che a casa sua si chiama Sancio Panza. Cotesto Cavaliere dai Leoni che non molto tempo fa si chiamava il Cavaliere dalla Triste Figura, manda a dire per mio mezzo a Vostra Grandezza che si compiaccia di dargli licenza che, con volontà, beneplacito e consenso suo, egli venga ad effettuare il desiderio che ha e che altro non è, a quanto egli dice e io credo, di servire la vostra sublime altitudine e bellezza; che se vossignoria gliela darà farà cosa che ridonderà in bene suo, e lui riceverà un favore segnalatissimo e tanto piacere.

Pagina 778 | Pos. 11929-31

Non si fece pregare Sancio che, ficcatosi in mezzo ai tre, fece da quarto nella conversazione, con molto gradimento della duchessa e del duca, i quali ebbero a gran ventura ricevere nel loro castello tale cavaliere errante e tale scudiero errato.

Pagina 783 | Pos. 11991-94

Non capisci, dappoco che tu sei e sventurato ch’io sono, che se vedono che sei uno zoticone o un baggiano divertente, si crederà ch’io sia un qualche cerretano o un qualche cavaliere d’industria? No, no, caro Sancio, fuggi fuggi questi inciampi, poiché chi si lascia andare ad esser ciarliero e a fare il lepido, al primo sgambetto ruzzola e mi doventa un buffone sguaiato.

Pagina 788 | Pos. 12069-71

Attento stette don Chisciotte a sentire le parole di quel rispettabile personaggio, e or vedendo che aveva finito, senza soggezione del duca e della duchessa, con sembiante indispettito, sconvolto in viso, si drizzò in piedi e disse…: Ma questa risposta merita un capitolo a sé.

Pagina 788 | Pos. 12077

l’arma della gente di toga è la stessa della donna, vale a dire la lingua,

Pagina 799 | Pos. 12241-45

Inoltre, voglio che le signorie vostre sappiano che Sancio Panza è uno dei più divertenti scudieri che mai servì cavaliere errante: alle volte ha certe ingenuità così argute che è non piccolo piacere il cercar di capire se è un semplicione o uno spirito sottile: ha delle malizie che ci sarebbe da bollarlo per birbante e certe sbadataggini che davvero lo farebbero ritenere balordo; dubita di tutto e crede tutto; mentre penso che sta per raggiungere il fondo della scempiaggine, ecco che vien fuori con qualcosa di così assennato che lo inalza al cielo. Insomma, io non lo baratterei con un altro scudiero neanche se mi si desse, per giunta, una città:

Pagina 800 | Pos. 12265-67

La mia barba è pulita e non ho bisogno d’essere rinfrescato così: chi mi si accosta per lavarmi o a toccarmi un pelo della testa, cioè, della barba, gli darò, parlando col dovuto rispetto, un tal cazzotto da lasciargli il pugno della mano incastrato nel cervello;

Pagina 804 | Pos. 12315-17

ritengo il mio signore don Chisciotte per pazzo da legare, quantunque a volte dica delle cose che, a parer mio e di quanti lo ascoltano, sono tanto assennate e avviate per sì dritta rotaia che Satana stesso non potrebbe dirle meglio; pur nondimeno, sinceramente e senza punto titubare, ho la convinzione che è matto.

Pagina 809 | Pos. 12391-95

— Veramente, signora — rispose Sancio, — in vita mia non ho mai bevuto per vizio; per sete, lo ammetto volentieri, giacché non so fingere per nulla; bevo quando ne ho voglia e anche quando non ne ho, e quando me ne danno per non sembrare schizzinoso o maleducato; perché, a un brindisi di un amico, quale cuore ci sarà mai così duro da non contraccambiarvi? Io però, se pur metto il becco in molle, non perdo l’erre e l’alfabeto; tanto più che gli scudieri dei cavalieri erranti quasi ordinariamente bevono acqua, perché vanno sempre per foreste, selve e prati, montagne e dirupi, senza trovar mai un gocciolino di vino, a pagarlo un occhio.

Pagina 810 | Pos. 12408-11

— Sancio — disse la duchessa — se lo porti con sé al governo, e là potrà trattarlo con tutti i riguardi che vorrà, e magari metterlo a riposo e pensionarlo. — Non creda, signora duchessa, d’averla detta grossa — disse Sancio; — perché ho visto io andare al governo più d’un somaro; perciò, se io vi portassi il mio non sarebbe poi cosa nuova.

Pagina 815 | Pos. 12494-97

— Giuro su Dio e sulla mia coscienza — rispose il diavolo — che non ci avevo badato; in tante cose è distratta la mia mente che mi scordavo proprio della più importante per la quale venivo. — Senza dubbio — disse Sancio — questo demonio dev’essere una persona dabbene e buon cristiano; se così non fosse, non avrebbe detto «giuro su Dio e sulla mia coscienza». Per me ritengo adesso che anche all’inferno dev’esserci della brava gente.

Pagina 824 | Pos. 12633-36

Per ora, acconsentite una buona volta a questa penitenza, che, credetemi, vi sarà di gran giovamento, così per l’anima come per il corpo: per l’anima, per via della carità con cui la farete; per il corpo, perché io so che siete di complessione sanguigna, sì che non vi potrà far male cavarvi un po’ di sangue. — Quanti medici c’è nel mondo! perfino gl’incantatori son medici! — rispose Sancio;

Pagina 836 | Pos. 12812-13

Tranquilli tutti e in gran silenzio, stavano ad aspettare chi lo avrebbe rotto;

Pagina 836 | Pos. 12816-20

Prima però che ella sia bandita sulla piazza del vostro udito (per non dire orecchi), vorrei che mi si facesse consapevole se in questa accolta, riunione o compagnia havvi l’immacolatissimo cavaliere don Chisciotte della Mancissima e il suo scudierissimo Panza. — Il Panza — disse Sancio, prima che altri rispondesse — il Panza c’è, e il don Chisciottissimo anche; cosicché potrete, addoloratissima maggiordomissima, dire ciò che vi parissima, ché tutti siamo pronti e dispostissimi a essere vostri servitorissimi161.

Pagina 837 | Pos. 12821-25

— Se i vostri travagli, trambasciata signora, ponno mai ripromettersi speranza alcuna di lenimento dal valore o dalle forze di qualche cavaliero errante, eccovi qui le mie che, tuttoché deboli e insufficienti, tutte saranno adoperate in vostro servigio. Io sono don Chisciotte della Mancia, professione del quale è soccorrere ogni sorta di bisognevoli. Or ciò così essendo, come è in fatto, non v’è d’uopo, signora, cattivare benevolenze né cercare preamboli, bensì di pianamente e senza avvolgimenti di parole, esporre i vostri mali; ché vi ascoltano orecchie le quali sapranno, se non ripararli, sentirne doglianza.

Pagina 839 | Pos. 12865-67

Un’altra volta poi cantò: Vieni, o morte, inavvertita Ch’io non senta il tuo venir, Ché il piacere del morir Non mi torni a dar la vita164.

Pagina 841 | Pos. 12886-87

una scritta, che la principessa gli aveva fatto, di essere sua sposa; scritta dettata da me con sì gran forza che neanche quella di Sansone avrebbe potuto romperla.

Pagina 842 | Pos. 12897-900

Del qual fatto la regina donna Magonza, madre della principessa Antonomasia, sentì sì grande sdegno che nel termine di tre giorni la fu seppellita. — Senza dubbio, dovette esser morta — osservò Sancio. — È chiaro! — rispose Triffaldino; — perché in Candaia non si seppelliscono le persone vive, ma le morte.

Pagina 844 | Pos. 12929-32

Fosse piaciuto al cielo che ci avesse scapezzato con quella smisurata scimitarra anziché adombrarci lo splendore dei volti con questo pelame; perché, signori miei (e quello che son ora per dire vorrei dirlo versando dagli occhi due fonti di pianto, ma il pensiero della nostra disgrazia e i fiumi di lacrime che già ne sono scorgati li hanno asciutti e inariditi come rèste; cosicché lo dirò senza lacrime) perché, a pensarci bene, dove mai, domando io, potrà presentarsi una maggiordoma barbuta?

Pagina 855 | Pos. 13104-5

Bendati, bendati, bestia, pusillanime, e non paia nelle tue parole, almeno in presenza mia, la paura che hai.

Pagina 861 | Pos. 13194-96

Insomma, questa fu la fine dell’avventura della Matrona Desolata; avventura che dette motivo di risa al duca e alla duchessa, non solo per allora, ma per tutta la vita; e materia di racconto a Sancio per secoli, se secoli fosse vissuto.

Pagina 865 | Pos. 13259-61

«Vedi, Sancio, se tu hai per punto di mira la virtù e riponi ogni vanto nel compiere azioni virtuose, non c’è di che invidiare coloro che compiono azioni degne di principi e di gran signori; perché il sangue si eredita, ma la virtù si acquista, e la virtù vale di per sé quel che il sangue non vale.

Pagina 866 | Pos. 13269

di tutto ciò che la moglie del giudice accetterà, dovrà il marito risponderne

Pagina 866 | Pos. 13276-77

«Se mai tu abbia a far piegare la bacchetta della giustizia, non sia già col peso del donativo, ma con quello della compassione186.

Pagina 867 | Pos. 13283-86

«L’accusato che eventualmente cada sotto la tua giurisdizione consideralo quale un misero, soggetto alle condizioni della depravata natura umana, e per quanto possa dipendere da te, senza far torto alla parte avversa, mostrati pietoso e mite con lui; perché, quantunque gli attributi di Dio siano tutti gli stessi, più risplende e spicca ai nostri occhi quello della misericordia che quello della giustizia.

Pagina 869 | Pos. 13312-13

il troppo vino né serba segreti né mantiene promesse.

Pagina 870 | Pos. 13328-30

— Ma, benone, Sancio! — disse don Chisciotte. — Incastra, infilza, infila proverbi che tanto nessuno te lo impedisce. Mia madre me le dà, ed io seguito a prendermene giuoco191.

Pagina 871 | Pos. 13345-46

di tutto quell’altro ammorsellato, di tutto quel pasticcio e guazzabuglio non me ne ricordo né me ne ricorderò più che delle nuvole dell’anno passato:

Pagina 871 | Pos. 13348-51

— Ah, povero me! — rispose don Chisciotte; — come sta male ai governatori il non saper leggere né scrivere! Perché devi sapere, Sancio, ché il non sapere taluno leggere o l’essere taluno mancino fa supporre una delle due cose; cioè, o che nacque da genitori di troppo umile e bassa condizione, o che egli è stato così scioperato e tristo ché né il buon uso né il buon sapere poterono far presa in lui192.

Pagina 878 | Pos. 13451-53

Si spogli vossignoria e si vesta da se solo e a suo modo, come e quando voglia, che non ci sarà chi glielo impedisca, giacché in camera sua troverà i recipienti che occorrono a chi dorme con la porta chiusa, affinché nessun bisogno naturale lo costringa ad aprirla.

Pagina 912 | Pos. 13975-76

legge e scrive come un maestro di scuola e sa far di conto da quanto un avaro.

Pagina 926 | Pos. 14196-99

CAPITOLO L NEL QUALE SI RIVELA CHI FOSSERO GL’INCANTATORI E CARNEFICI CHE FRUSTARONO LA MAGGIORDOMA E PIZZICOTTARONO E GRAFFIARONO DON CHISCIOTTE; NONCHÉ COSA ACCADDE AL PAGGIO CHE PORTÒ LA LETTERA A TERESA PANZA, MOGLIE DI SANCIO PANZA

Pagina 927 | Pos. 14209-10

gli oltraggi che vanno direttamente a ferire nelle donne la pretesa d’esser belle, grandemente risvegliano in loro la rabbia e accendono il desiderio di vendicarsi.

Pagina 929 | Pos. 14243-44

— Me la legga vossignoria illustrissima — disse Teresa; — perché io, ben so filare, ma non so leggere una maledetta.

Pagina 936 | Pos. 14344-46

Il paggio ricusò l’invito, ma pure dovette finalmente accettare per il suo meglio, e il curato volentieri lo condusse seco per avere agio di domandargli di don Chisciotte e delle sue imprese.

Pagina 941 | Pos. 14427-28

Io sono stato un po’ indisposto, causa certe graffiature di gatti che m’ebbi, con non molto vantaggio del mio naso; ma non fu nulla, poiché se ci sono incantatori che mi malmenano, pur ce ne sono altri a difendermi.

Pagina 946 | Pos. 14505-6

vorrei che prima di squagliarvi sfidaste questo villano ostinato e gl’ingiungeste di sposar mia figlia, in adempimento della parola che di essere suo marito le aveva dato avanti di ruzzare con lei;

Pagina 949 | Pos. 14546

una volta che ciò sia, come infatti è, dica pure ognuno quel che voglia;

Pagina 951 | Pos. 14582-85

Il consiglio lo incaricò di dipingere lo stemma di Sua Maestà sulla porta della casa comunale; egli chiese due ducati, gli furono dati anticipatamente, lavorò otto giorni, in capo ai quali non aveva dipinto nulla e disse che non riusciva a dipingere simili bazzecole; restituì il denaro e tuttavia si è ammogliato con la pretesa di essere un artista: vero è che ha già lasciato il pennello e preso la zappa e va, signore qual è, a lavorare in campagna.

Pagina 953 | Pos. 14602-6

«Pensare che le cose di questa vita abbiano da durar sempre ferme in un punto è pensare inutilmente; sembra anzi che la vita giri tutto a tondo, vo’ dire torno torno: la primavera segue l’estate, l’estate l’autunno, l’autunno segue l’inverno, l’inverno la primavera, e così torna il tempo a roteare ininterrottamente; sola la vita umana corre alla sua fine più veloce del vento, senza aspettare di rinnovarsi, se non sia nell’altra che non ha confini che la limitino».

Pagina 955 | Pos. 14635-36

Rimase lì come una tartaruga chiusa e ravvolta nel suo guscio o come un quarto di porco salato messo a rimpresciuttirsi fra due madie, ovvero come una barca che ha dato in secco sull’arena.

Pagina 969 | Pos. 14851-53

In siffatto modo si doleva Sancio Panza, e il suo asino lo ascoltava senza rispondergli parola alcuna: tanta era l’oppressione e l’angoscia in cui si trovava il poveretto.

Pagina 971 | Pos. 14888

don Chisciotte sono — rispose questi: — colui che professa di soccorrere e di aiutare nelle loro necessità i vivi e i morti.

Pagina 972 | Pos. 14892-93

giuro, signor don Chisciotte della Mancia, che io sono il suo scudiero Sancio Panza e che mai una volta son morto in tutta la mia vita;

Pagina 973 | Pos. 14913

dicano quel che vogliano, ché voler legare la lingua dei maldicenti è lo stesso che volere ammattonare il mare.

Pagina 977 | Pos. 14975-79

Sembra che stando egli a guardare la sua nemica, questa gli parve la più bella donna che avesse mai veduto in vita sua, sì che il fanciullo ciecolino che suol chiamarsi comunemente Amore in questo nostro mondo, non volle perdere l’occasione che si offriva di trionfare d’un’anima staffieresca e di metterla nella lista dei suoi trofei; perciò, avvicinandosegli garbatamente senza esser visto da alcuno, gli conficcò, al povero staffiere, nel lato sinistro, un dardo lungo due canne che gli trafisse il cuore da parte a parte. E poté farlo con tutta sicurezza, perché Amore è invisibile ed entra ed esce di dove vuole, senza che nessuno gli chieda conto di quel che fa.

Pagina 980 | Pos. 15020-22

tutti acclamarono per vincitore don Chisciotte, ma la maggior parte rimasero male e dispiacenti al vedere che i tanto attesi campioni non s’erano fatti a pezzi; appunto come rimangono male i ragazzi quando l’atteso condannato alla forca non viene fuori, perché gli hanno perdonato o l’offeso ovvero la giustizia.

Pagina 985 | Pos. 15092-99

— La libertà, Sancio, è uno dei più preziosi doni che i cieli abbiano mai dato agli uomini; né i tesori che racchiude la terra né che cuopre il mare sono da paragonare ad essa; per la libertà, come per l’onore, si può e si deve mettere a repentaglio la vita; la schiavitù invece è il peggiore dei mali che agli uomini possano toccare. Dico questo o Sancio, perché bene hai veduto il ristoro e l’abbondanza che s’è goduto in questo castello che ora lasciamo; ebbene, fra tanti squisiti banchetti, pur con tutte quelle bevande ghiacce come neve, a me pareva di trovarmi fra le strette della fame, perché non ne godevo con libertà con cui ne avrei goduto se fossero state cose mie, in quanto che gli obblighi di avere a ripagare i benefici e i favori ricevuti sono vincoli che non lasciano risaltare l’animo indipendente. Beato colui al quale il cielo dette un tozzo di pane senza che gli resti l’obbligo di esserne grato ad altri che al cielo stesso!

Pagina 996 | Pos. 15271-73

— Fermatevi e aspettate, marmaglia malandrina, che un cavaliero vi attende da solo, il quale non è già per sua indole proclive all’opinione di coloro che dicono «a nemico che fugge, ponti d’oro!».

Pagina 997 | Pos. 15288

Io, Sancio, nacqui per vivere morendo, e tu per morire mangiando.

Pagina 998 | Pos. 15296-97

Dia retta a me, e dopo mangiato si butti un po’ a dormire sui verdi materassi di quest’erbe e quando si sveglierà vedrà come si sente un po’ più sollevato.

Pagina 1006 | Pos. 15423-28

Si disperava al vedere la lentezza e la poca carità di Sancio suo scudiero, giacché, a suo credere, si era dato soltanto cinque staffilate, numero sproporzionato e meschino rispetto alle tante e tante che ancora gli mancavano. Della qual cosa sentì così gran dispiacere e stizza che ragionò così: «Se Alessandro il Grande tagliò il nodo gordiano, dicendo: “tanto vale tagliare quanto sciogliere”, e non per questo cessò di essere signore sovrano di tutta l’Asia, potrebbe né più e né meno, succedere ora circa il disincanto di Dulcinea se frustassi io Sancio suo malgrado; perché, se la condizione di questo rimedio è che Sancio s’abbia le tremila e tante frustate, che m’importa a me che se le dia lui o che gliele dia un altro, dal momento che l’essenziale è che egli le abbia, arrivino di dove si sia?

Pagina 1011 | Pos. 15492-95

Or non essendo mio padre in paese, ho avuto modo di travestirmi come tu vedi e incitando il cavallo ad affrettare il passo, raggiunsi don Vincenzo a circa una lega di distanza da qui e, senza perdermi in lagnanze né a sentire discolpe, gli ho sparato contro questo piccolo schioppo nonché queste due pistole per giunta, sì che a mio credere, gli ho dovuto ficcare in corpo più di due palle, aprendovi un varco per dove, bagnato del suo sangue, uscisse riscattato il mio onore.

Pagina 1027 | Pos. 15734-45

— Per don Chisciotte della Mancia che tu sia, che il diavolo ti porti! Come sei arrivato fin qui, senza che tu sia morto dalle infinite legnate che t’hanno scaricato addosso? Tu sei matto; e se lo fossi per te solo e dentro ai limiti della tua propria pazzia, sarebbe meno male; ma tu hai la proprietà di far doventar matti e scemi quanti ti trattano ed han che fare con te; si veda un po’, del resto, da questi signori che t’accompagnano. Tornatene, citrullo, a casa tua e bada alle tue sostanze, a tua moglie, ai tuoi figlioli e smettila con queste baggianate che ti intarmano il cervello e ti scremano l’intelletto. — Fratello — disse don Antonio, — andate per la vostra strada e non date consigli a chi non ve li chiede. Il signor don Chisciotte della Mancia è molto saggio, e noi che l’accompagnamo non siamo sciocchi: la virtù bisogna onorarla dovunque avvenga di trovarla. Andatevene alla malora e non v’immischiate dove non vi chiamano. — Perdinci, che vossignoria ha ragione — rispose il castigliano; — voler dar consigli a questo buon uomo è come dar calci contro degli aculei; ma, con tutto ciò, mi fa gran compassione che il bell’ingegno che si dice possegga in ogni cosa questo scervellato gli si disperda giù per il condotto della sua errante cavalleria; e mi colga il malanno che vossignoria ha detto sia riserbato a me e a tutti i miei discendenti se da oggi in poi, anche che io campassi più anni di Matusalem, darò un consiglio a qualcuno, sia pure che me lo chieda.

Pagina 1038 | Pos. 15911-13

Il comito dette il segnale che salpassero l’ancora, quindi saltando in mezzo alla corsia con lo scudiscio o nerbo, si diede a scacciar le mosche sulle spalle dei rematori e a prendere a poco a poco il mare.

Pagina 1057 | Pos. 16193-95

CAPITOLO LXVI CHE TRATTA DI QUEL CHE VEDRÀ CHI LO LEGGERÀ O CHE UDRÀ CHI LO SENTIRÀ LEGGERE

Pagina 1057 | Pos. 16199-202

— Tanto è da animo forte, signor mio, aver pazienza nelle disgrazie quanto allietarsi nelle prosperità; e questo giudico io da me stesso, che se quando ero governatore ne godevo, ora che sono scudiero a piedi non mi sento triste; perché ho sentito dire che questa che va attorno col nome di Fortuna è una femmina ubriaca e capricciosa e soprattutto cieca, così da non vedere quel che fa né sapere chi rovescia né chi innalza.

Pagina 1069 | Pos. 16377-81

io post tenebras spero lucem. — Non l’intendo cotesto — disse Sancio: — intendo soltanto che mentre dormo non ho né timore né speranza, né afflizione né gioia: benedetto chi inventò il sonno, copertoio di tutti gli umani pensieri, vivanda che leva la fame, bevanda che scaccia la sete, fuoco che riscalda il freddo, freddo che tempera l’ardenza, e, insomma, moneta universale con la quale si compra tutto, bilancia e peso che fa uguale il pastore al re e il sempliciotto all’avveduto.

Pagina 1071 | Pos. 16415-16

guardò la devastazione che i maiali avevano fatto delle sue vettovaglie, maledisse il branco e anche qualcos’altro.

Pagina 1082 | Pos. 16581-86

— A dirvi il vero — rispose Altisidora — io non dovetti morire del tutto, poiché non ci entrai nell’inferno; ché se ci fossi entrata, non avrei potuto uscirne più di certo, anche a volere. Vero è che giunsi alla porta, dove circa una dozzina di diavoli stavano giocando alla palla, tutti in brache e giustacuore, col collare alla vallona guarnito di merletti fiamminghi a tombolo, e con certi risvolti pure di merletto che servivano loro da polsini, con quattro dita di braccio scoperto, perché le mani paressero più lunghe, nelle quali tenevano certe racchette infuocate. E quel che più mi colmò di stupore fu che invece di palle, facevano uso di libri, a quel che pareva, ripieni di vento e di borra: cosa meravigliosa e strana.

Pagina 1100 | Pos. 16856-57

— Portate pur quattrini, caro marito — disse Teresa, — e siano pur guadagnati per un verso o per un altro; ché in qualunque modo li abbiate guadagnati, voi non avrete messo un’usanza nuova nel mondo.

Don Chisciotte della Mancia: giudizio finale

Il romanzo è assolutamente squisito, una lettura intelligentissima e meravigliosa. L’ho letto con grande piacere, nonostante la lunghezza non trascurabile. Le vicissitudini di Don Chisciotte e Sancio Panza sono sempre gustosissime e – come dicevo all’inizio – nonostante il libro sia celeberrimo, quasi la totalità degli episodi sono sconosciuti ai più, dunque se conoscete questo romanzo per una sua riduzione, leggerlo non sarà una noiosa ripetizione di quanto già avete appreso.

Indicatore obiettivi di lettura 2016

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Massimiliano Riccardi

Post molto interessante. Devo dire che ho sempre trovato triste il messaggio passato nel corso dei decenni, un po’ come è avvenuto per il Moby Dick, Don Chisciotte è spesso ricondotto a romanzo per ragazzi. Ci troviamo invece di fronte a uno dei capolavori della letteratura di ogni tempo. La follia come vera saggezza sul contingente, l’immaginazione contro la realtà, tutto si modifica ed è modificabile. Un inno alla libertà. Dove il buffone rasenta il metafisico, per contro il pragmatismo, il razionale e il credibile rappresentati dal buon Sancho Panza, ridotti a mero e grigio realismo. Don Chisciotte è per me il vento della fantasia che attraversa libero le sbarre della concretezza che talvolta si fa prigione.

Massimiliano Riccardi
Rispondi  Andrea Cabassi

Esattamente quello cui alludevo

patricia moll
7 anni fa

E’ una lettura a cu penso da tempo ma la pila di libri in attesa aumenta (causa nuovi acquisti continui) anzichè diminuire e penso che Cervantes meriti un po’ più che cinque minuti al giorno di lettura.
Però, tra te e Max mi avete fatto tornare la voglia di leggerlo
Poi, non sono una che si lascia spaventare dal numero di pagine o dallo stile non proprio attualissimo di scrittura. Mi ritengo onnivoro.. e amo i classici

Patricia moll
7 anni fa
Rispondi  Andrea Cabassi

Viaggio al termine della notte ad esempio perchè andava masticato molto lentamente a mio avviso. E digerito con calma ☺
Per Cervantes penso che mi ci metterò durante le vacaenze, natalizie e le prossime ferie. Con calma e tempo li ero

Ferruccio
7 anni fa

Oggi sono ossessionato da Cervantes. Ho appena controllato il mio post per domani con Cervantes protagonista e ho appena parlato con in signore per una serata di domani su Cervantes. E ora trovo il post…
Per me il Don Chisciotte è un libro splendido. Una di quelle storie che mi accompagnano da sempre e che ogni volta che lo rileggi ci trovi qualcosa di nuovo.

Marina
7 anni fa

Ne ho una conoscenza scolastica e non sai quante volte mi sono ripromessa di mettermelo davanti agli occhi. Lo farò. Dopo avere letto qualche gustoso passo che tu hai citato me ne sono convinta di più.

Bentornato! 🙂

Marina
7 anni fa
Rispondi  Andrea Cabassi

Uhm, che sia la mia prossima lettura “classica”? Perché no! 🙂

Renato Bruno
Renato Bruno
7 anni fa

Bravissimo Andrea! I miei più calorosi complimenti. Abbiamo sempre bisogno di chi ci ricorda di tornare alle fonti, di non accontentarci mai dei sunti e del sentito dire, delle riduzioni per ragazzi, delle citazioni a vanvera. Mi permetto di condividere questa tua pagina sugli altri socialnetwork, perché la tua pazienza e la tua grande sensibilità di lettore attento meritano una ampia diffusione.
Conoscere la vita di Cervantes e leggere per intero il Don Quijote è imprescindibile per capire la genesi e gli esiti della forma romanzo in Occidente.
Un grande, grande abbraccio ad Andrea!
Renato Bruno

Massimiliano Riccardi
Rispondi  Renato Bruno

Ciao Renato, ho piacere di leggerti anche nella blogosfera.