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Secondo Raymond Carver uno degli elementi fondamentali della scrittura è il tempo: la sua gestione, l’effetto che fa sullo scrittore, quando è favorevole alla scrittura, e quando no.
Tempo di organizzarsi
Ho scoperto che se ogni giorno mi sedevo alla scrivania e mi ci applicavo con diligenza, potevo scrivere racconti sul serio, e con una certa continuità. Questa è stata probabilmente la più grande scoperta che ho fatto.
Alle otto in punto sono sempre già seduto al tavolino. Se è una giornata buona, resto a scrivere fino alle undici o a mezzogiorno, quando faccio una pausa per mangiare qualcosa. Nelle giornate migliori riesco a stare lì a lavorare tutto il giorno, perché mi piace lavorare, mi piace scrivere.
L’arte non nasce da un attimo di follia, serve studio e applicazione. È importante quindi avere un’organizzazione, pur in piccolo, dei propri tempi: un conto è dire lo faccio quando posso, un altro è quel momento della giornata è dedicato a quella cosa. Se si aspetta quando si può, non si può mai.
Tranquillità
Quando comincio a scrivere, tendo a scrivere molto in fretta. Logicamente, in questa fase cerco un posto tranquillo, un posto dove non ci sia il telefono che squilla.
Mentre sono al lavoro, inserisco la segreteria telefonica e stacco il telefono del piano di sopra, così anche se squilla al piano di sotto non lo sento; la sera poi posso controllare se ci sono messaggi. Non guardo molto la TV – in genere guardo il telegiornale – e vado a letto abbastanza presto. Di norma faccio una vita piuttosto tranquilla.
Chissà che cosa penserebbe Carver della società governata dalle notifiche che abbiamo oggi… altro che segreterie telefoniche!
Il tempo di stesura
Credo di aver scritto al massimo due o tre racconti la cui prima stesura mi abbia richiesto più di un paio di giorni. In genere mi ci butto a capofitto, anche se non sempre so bene cosa sto facendo, e cerco di mettere qualcosa nero su bianco.
Mi pare di non aver mai impiegato più di due giorni a scrivere la prima versione di un racconto. In genere mi basta un giorno solo. Poi passo un sacco di tempo a ribatterlo e a lavorarci sopra, ma credo che sia bene cercare di buttare il racconto sulla pagina prima di perderlo di vista. Magari domani non ti sembrerà più granché. E allora durante la prima stesura bisogna fare una sorta di atto di fede, sperare e immaginare che ne venga fuori qualcosa di buono, andare avanti a tutta birra e cercare di finire la prima versione rapidamente, prima che sfugga. Poi sarà soggetta a modifiche di ogni tipo, perché a quel punto si possono fare le cose con calma e pensarci a fondo.
Se uno scrittore riesce a lasciar decantare le sue storie per sei mesi o giù di lì è un bene, perché la storia si raffredda e lo scrittore riesce a prendere un po’ le distanze, la temperatura emotiva non è più così alta. Mi piace quando i miei racconti decantano quanto basta perché io riesca a guardarli con la massima freddezza.
Ho cercato di imparare a scrivere rapidamente quando avevo tempo, componendo racconti quando lo spirito era con me e lasciando che si accumulassero nel cassetto; e poi tornando a rileggerli con attenzione e freddezza in seguito, da una certa distanza, dopo che le acque si erano calmate, dopo che le cose, purtroppo, erano tornate alla “normalità”.
Per quel che mi riguarda, il tempo di stesura di un racconto, o del capitolo di un romanzo, varia da caso a caso. Sarà che tendo a perfezionare il testo anche durante la prima fase di scrittura, ma per la stesura di un singolo racconto breve ho impiegato anche un intero mese. Sempre, però, ho voluto lasciarli decantare per mesi, molti a volte, per poi prenderli in mano per una seconda elaborazione. Ho trovato questa pratica sempre molto fruttuosa, anche per capire che un pezzo era semplicemente da buttare.
La calma dopo la tempesta
Quando un libro di racconti è finito, completato e ormai nelle mani dell’editore, tendo a non scrivere nulla per un po’, per diversi mesi. Magari scrivo un articolo, qualche poesia. Non so se è un periodo in cui consciamente faccio il punto sul mio prossimo progetto, fatto sta che c’è un periodo di grande tranquillità in cui non scrivo nulla di narrativa.
Per chi deve mantenere attivo un blog, questa fase non esiste!
Chiudiamo con l’ultima citazione di Carver sulla gestione del tempo, che per un istante ci fa abbandonare le aule e i manuali di scrittura creativa per trovare conforto nella poesia:
Per sempre, spera lo scrittore, per sempre.
Il guaio è quando il lavoro che fai per vivere ti lascia solo i ritagli di tempo per scrivere… Lo scorso anno e il primo semestre di questo in corso ho scritto di più “grazie” alla cassa integrazione, dopo la ripresa a tempo pieno invece nulla, sto solo rielaborando cose scritte prima. Il tempo non è mai abbastanza per fare tutto quel che si vorrebbe…
Già, per questo è importante “allocarsi” in anticipo gli spazi da dedicare alla scrittura.
Con tutti i distinguo dovuti al fatto che i miei ritmi di vita li determinano il lavoro vero e la famiglia, mi riconosco abbastanza in Carver. Scrivere il più in fretta possibile la prima stesura e poi lasciar decantare.
Sul lasciar decantare mi pare siamo d’accordo tutti 🙂
Non sai quanto invidio chi può serenamente organizzare il tempo in modo da dare priorità alla scrittura. Ne ho scritto ad abuntantiam diverse volte nel mio blog. Carver non ha spesa da fare, casa da sistemare, figli cui badare, non deve pensare a pranzo e cena, lavare, stirare, ecc ecc… di che stiamo parlando?
Poi, quando il tempo è clemente e mi concede lo spazio che chiedo, anch’io elaboro un capitolo in massimo due giorni.
Mi piace il fatto del lasciare decantare le storie scritte. È una cosa che faccio anch’io: traggo sempre beneficio da distanza e freddezza.
“Serenamente” è una parola grossa, io facci ouna fatica enorme… però una sera la settimana, dopo aver messo tutti a letto, me la prendo 🙂
Il primo consiglio rispecchia completamente la mia esperienza. Solo quando sono riuscita a creare e rispettare il ritmo di scrivere ogni mattino, appena sveglia, prima che arrivi il treno dei pensieri (quello di “Inside Out”), ho cominciato a scrivere qualcosa di decente e continuativo.
Lo scrivere di fretta, invece, non fa per me. Le mie storie non nascono come funghi, sono più pagnotte che lievitano coi loro tempi.
Siamo sulla medesima lunghezza d’onda. Come la mettiamo con il feticismo da articoli di cancelleria? 😀