[…] un finale in calando nega l’importanza di quello che è successo. Quante storie terminano con il protagonista che si sveglia ed esclama, sollevato, «Per fortuna era tutto un sogno!» Questo tipo di finale […], a causa della reazione del lettore, è comunemente detto un vaffanculo.
Sergio Badino
Sergio Badino è soggettista e sceneggiatore e insegna sceneggiatura in diverse scuole di fumetto. Quando anni fa lessi questa sua definizione (in Professione Sceneggiatore, edizioni Tunué) rimasi folgorato: era proprio quello che pensavo anch’io: ecco come chiuderebbe una storia uno scrittore incapace.
Poi però pensai al finale di Alice nelle paese delle meraviglie e la mia iniziale certezza vacillò.
Voi che ne pensate? Il romanzo di Carroll è la classica eccezione che conferma la regola o avete qualche altro titolo che la può smentire?
Ditemi la vostra, e se non sapete che cosa scrivere va bene anche un vaffanculo. Approfittatene!
Forse quello di Alice non è in realtà un finale in calando? Nel senso che alla fine il libro ti lascia come la sensazione che il sogno non si collochi per niente a un livello minore di realtà rispetto al mondo di tutti i giorni.
Conosci forse la famosa storia taoista di Zuang Zhi, che si sveglia dopo aver sognato di essere una farfalla e si domanda se non sia lui stesso il sogno di una farfalla che sogna di essere uomo.
Forse non ho capito bene che cosa vuoi dire… la storia taoista in effetti la conoscevo e il fascino ricorsivo ha sempre un certo effetto 🙂
Sono convinta che l’opera di Carroll sia l’eccezione che conferma la regola.
Io sono una di quelle persone che vuole crederci sempre, fino all’ultimo, e anche oltre. Voglio chiudere un libro e pensare che tutto ciò che di fantastico ho letto sia accaduto davvero.
I finali in calando sono ciò che più detesto, oltre a spezzare l’illusione, mi fanno venir voglia di scaraventare il libro dalla finestra. E sì, un bel vaffanculo per l’autore ci sta tutto.
Se penso ai fumetti, sono tipici di quelle lunghe serie dove un finale non può essere altro che un muro contro il quale schiantarsi, ovvero un modo per finire la storia senza chiuderla. E sì, la tentazione di dare il volume in pasto ai coccodrilli è alle stelle 🙂
Concordo. E Alice non ha mai riscosso la mia simpatia… Per me una storia che finisce in questo modo merita il rogo immantinente.
Forse sono state le varie interpretazioni (film, fumetti, canzoni ecc.) a dare un certo blasone al romanzo? 🙂
Secondo me è un ottimo finale, se il libro è destinato a lettori under 10.
Poi, certo, un finale del genere in un romanzo destinato a un pubblico un po’ più in là con gli anni, un finale del genere in un thriller, per dire, beh, un vaffanculo lo strappa.
Alice era destinato ai bambini, dunque perfetto. Però riesce a piacere anche a un adulto come me: perché risveglia il fanciullino pascoliano che è in me.
Ecco, vedi? Il mio commento è in sintonia con questo! Finale da bambini per bambini!
Come diceva un mio vecchio profe: il “fanculo” pascoliano (giusto per restare in tema 😛 )
Ma che, davvero ti devo mandare affan***?
No, piuttosto mi invento qualcosa da dire! 😛
Lo sai che per adesso va di moda, in casa mia, nei temi dei miei figli, l’effetto “sogno” a fine racconto? Dovrò raccomandare loro di perdere l’abitudine se da grandi vorranno fare gli scrittori! Intanto per ora gli lascio prendere buoni voti! 🙂
Almeno sai già che cosa dire all’insegnante ai prossimi colloqui 😀
Davvero ci inciti a mandarti a quel paese?
Attento che poi succede davvero 😀
Il finale “era tutto un sogno” non mi piace. Non mi piace nemmeno in “Alice nel paese delle meraviglie”. I suoi viaggi sono metafore delle varie droghe che Carroll si prendeva, quindi al massimo il risveglio avrebbe dovuto essere un gran mal di testa e bocca impastata.
A proposito (anche se non c’entra niente) cosa ne pensate quando in un romanzo si scopre che il morto non è davvero morto, anzi è vivo e vegeto? Ho letto tempo fa, forse su Anima di Carta, che è un cliché da evitare, perché succede troppo spesso nei libri.
Su questa cosa delle resurrezioni mi sono interrogata a lungo, domandandomi se fosse un bene per la storia o uno stupido stratagemma.
Da buona amante del lieto fine, se ha un senso logico nella storia, ben venga la resurrezione di un personaggio.
Certo, se un personaggio morto (magari pure con la testa staccata dal corpo) sparisce per 500 pagine e ricompare dal nulla, voglio una spiegazione razionale (secondo le leggi del mondo in questione) del come sia possibile.
Secondo me, più che parlare di cliché, dipende dall’uso che se ne fa.
Magari una resurrezione introduce nuovi filoni della storia 😉
Mi viene in mente Sherlock Holmes che viene resuscitato da Doyle, non all’interno di un romanzo ma da un romanzo all’altro (o forse era solo per alcuni racconti?). Se avesse visto Star Wars avrebbe capito che un prequel sarebbe stato preferibile 😉
Se si tratta del classico “ribaltone” non piace nemmeno a me, se invece è sviluppato in maniera intelligente, anche se non è proprio originale, secondo me ci può stare.
PS: evidentemente Carrol godeva di un trattamento di favore da parte del suo spacciatore 😉
Certamente non parlo del fantasma formaggino che torna con l’accetta ancora piantata in testa, e nemmeno di Lazzaro che si alza e cammina.
Pensavo più a un fuggitivo che si finge morto per far perdere le sue tracce.
Grazie Chiara per il tuo intervento!
(Ryo, a te niente grazie) 😛
Effammi la grazia! ;_;