La riscrittura (la scrittura secondo Raymond Carver)

da | 20 Ott 2015

Nello scorso appuntamento sui consigli di scrittura di Raymond Carver ci siamo interrogati su quale fosse il rapporto fra lavoro duro e talento; in questo quarto episodio il tema è invece quasi interamente dedicato al manovale che vi è in ogni scrittore.
La riscrittura è quel processo ciclico che trasforma una prima scrittura in bozza, la bozza in lavoro presentabile, e il lavoro presentabile in un’opera pubblicabile.

Il piacere della riscrittura

La revisione per me non è un obbligo sgradito – anzi, è una cosa che mi piace fare

Con questa potremmo piantare baracca, burattini e chiudere subito il discorso: se ti piace fare qualcosa è probabile che ti riuscirà bene. Certo, non è detto sia sempre vero… però aiuta, specie se ti chiami Raymond Carver. Personalmente la riscrittura è un lavoro che considero importantissimo (proprio per questo la mia prima stesura è sempre su carta) ma da qui a dire che mi piaccia… ne passa!
La riscrittura (la scrittura secondo Raymond Carver) Il piacereMi piace molto il processo della creazione, il piacere che provo quando un’idea si rivela buona ed è in armonia con tutto il resto. Certo, a volte capita che questo si verifichi anche in una riscrittura, ma in maniera decisamente più rara. Spesso considero la riscrittura un lavoro alla stregua della manovalanza: togliere il superfluo, limare le asperità, aggiustare quel che non va. È anche da dire che lascio trascorrere davvero molto tempo – mesi – dalla stesura del manoscritto alla prima riscrittura e quindi, se da un lato ne guadagno in oggettività, dall’altro manco in coinvolgimento.

L’impresentabilità delle bozze

Quello della riscrittura e della revisione è un momento molto caro al mio cuore, e molto caro anche a tanti scrittori che conosco. Guardare la prima versione delle opere dei grandi scrittori è molto confortante e istruttivo, perché i cambiamenti sono tantissimi. Tolstoj faceva tante di quelle modifiche alle bozze dei suoi libri che spesso tutto il materiale andava reimpaginato da capo, perché continuava a rivederlo praticamente fino al giorno della pubblicazione. Anche John Gardner lavorava così. Come del resto moltissimi scrittori. A me sembra che il mio lavoro non sia mai finito.

La riscrittura (la scrittura secondo Raymond Carver) La bozzaNon solo il lavoro di riscrittura non sembra mai terminato, ma per quel che mi riguarda anche dopo la pubblicazione ci sono alcuni passaggi che vorrei modificare che prima non avevo notato… ma ho deciso di mettermi il cuore in pace: non posso correggere tutto quello che ho scritto per tutta la vita, la pubblicazione traccia una linea di demarcazione ideale che assicura quello come il miglior risultato raggiungibile a quella data (errori esclusi). Altre modifiche semmai per un’eventuale ristampa.

Durante la revisione

Mi sembra di essermi trovato nella felice condizione di poter rendere i racconti migliori di quanto fossero in origine. Per lo meno, spero tanto che siano migliori, anche se solo Dio lo sa.

Voglio rendere i racconti interessanti sotto ogni punto di vista, il che significa creare personaggi e situazioni credibili, e al tempo stesso rifinire la lingua del racconto finché non diventa perfettamente chiara, pur restando una lingua in grado di comunicare idee complesse e sfumature sottili.

Mi piace pasticciare con i miei racconti. Preferisco armeggiare attorno a un racconto dopo averlo scritto e poi armeggiarci di nuovo in seguito, cambiando una cosa qui e una cosa lì, piuttosto che scriverlo la prima volta. La stesura iniziale mi sembra soltanto la parte difficile che devo superare per poi andare avanti e divertirmi con il racconto.

La riscrittura (la scrittura secondo Raymond Carver) Durante la revisioneLa revisione rende i racconti migliori, c’è poco da discutere, e questo include sia personaggi credibili che un linguaggio efficace. Ma se quello che Carver chiama armeggiare sono le inevitabili correzioni e le migliorie che il tempo ci concede di apportare alla prima stesura, è un’operazione che per quanto mi riguarda nasce insieme alla prima parola del racconto: non procedo nella scrittura come un treno dall’inizio alla fine, sovente torno sui miei passi, e se la forma di una frase non convince, difficilmente ignoro la cosa per proseguire. Non mi ci rompo nemmeno troppo la testa, e se capisco che non ne verrò fuori mi lascio un appunto, ma un tentativo almeno lo faccio. Mi piace pasticciare con i miei racconti, già mentre li sto scrivendo la prima volta.

Scoprire il racconto

Sottopongo i miei racconti anche a quindici revisioni consecutive. Ogni volta il racconto cambia. Ma non c’è niente di automatico; al contrario, è un processo. La scrittura è un atto di scoperta. Dato che lavoro sulla scrittura, il mio compito è quello di cercare le soluzioni più produttive.

Può darsi che io corregga perché così facendo mi avvicino pian piano al cuore dell’argomento del racconto. Fin dall’inizio ho amato il processo di riscrittura almeno tanto quanto la stesura iniziale del testo. Mi è sempre piaciuto tantissimo prendere le frasi e giocarci, riscriverle, limarle fino al punto che sembrino impossibili da scalfire. Questo probabilmente deriva dal fatto che ho avuto come insegnante John Gardner, perché lui mi ha detto una cosa da cui sono rimasto subito colpito: Se si può dire in quindici parole invece che in venti o in trenta, allora dillo in quindici parole. Per me questa è stata una vera rivelazione. Ero lì che cercavo a tentoni una mia strada, e qualcuno era venuto a darmi un consiglio che in qualche modo coincideva con quello che già volevo fare. Per me era la cosa più naturale del mondo, tornare indietro e raffinare quello che stava prendendo forma sulla pagina, eliminando tutte le imbottiture inutili.

C’era un periodo in cui rivedevo veramente tutto, ed erano spesso revisioni molto estese. Non so, forse è che non sapevo bene che cosa mi aspettava dietro l’angolo, se pure c’era qualcosa ad aspettarmi dietro l’angolo, e allora preferivo semplicemente cincischiare con il lavoro che avevo per le mani. All’epoca, mi pareva che i miei racconti non fossero in nessun posto preciso, e volevo farceli arrivare – qualunque fosse quel posto.

Il processo della scrittura consiste un po’ in questo: come faccio a sapere cosa voglio dire finché non vedo cosa ho detto? Ecco perché di quasi tutti i miei racconti faccio tante stesure. E lo stesso capita alla maggior parte degli scrittori che conosco.

La riscrittura (la scrittura secondo Raymond Carver) Scoprire il raccontoNecessitare di una prima bozza per farsi un’idea di quel che s’è scritto è un concetto un po’ estremo, che trova però spiegazione astraendolo un pochino: spesso è celato un messaggio, un valore, fra le righe di quello che leggiamo, che va oltre sia al significato sia delle singole frasi sia a quello del complesso. Probabilmente è questo quello che va cercato nelle continue riscritture: quel qualcosa che permetta di mettere in comunicazione la mente di chi ha scritto con quella del lettore, e che traduca questi substrati.

Se non si fosse capito, io sono della fazione che preferisce decisamente la creazione alla correzione, pur non prendendola affatto alla leggera. Voi che ne pensate? Quali sono i vostri processi cardine? La riscrittura è uno di questi oppure spesso è un buona la prima?

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Marina
9 anni fa

No, no, buona la prima non direi! Nemmeno la seconda né la terza, qualche volta non va bene mai! Ma s’ha da fare, ahimè!
Anche a me piace più il processo creativo e la revisione non mi diverte, forse sono più le volte che, al contrario, mi stressa che quelle in cui provo piacere a ritrasformare il tutto.
Mi piace il consiglio delle 15 parole; ecco, io faccio prevalentemente questo: scrivo tutto quello che ho voglia di scrivere, poi ne taglio il 50% , provo cioè a stringere il concetto in un numero più ridotto di parole.

Marina
9 anni fa
Rispondi  Andrea Cabassi

Sì diciamo che intervengo subito, perché quando finisco di scrivere un brano non lo metto via se prima non mi suona bene. Con la revisione, poi, dovrà suonarmi strabene e questo spesso mi porta a stravolgere ancora una volta il testo (anche perché è più facile lavorare su lsingolo pezzo che armonizzarlo con il tutto, dopo!)

Nick Parisi
9 anni fa

Mai dire buona la prima, c’è gente che dice di riuscirci tranquillamente ma io sinceramente non ci credo nemmeno che possa capitare.

Marina
9 anni fa
Rispondi  Andrea Cabassi

Vero: anche una frase da postare in un blog o in un social è passibile di decine di revisioni!

Marina
9 anni fa
Rispondi  Andrea Cabassi

Mani bassissime! 😀

Ariano Geta
9 anni fa

La prima stesura è una bozza a prescindere, anche contro la stessa volontà dell’autore. Per correggere refusi, accorgersi di incoerenze interne alla narrazione, caratterizzare meglio una descrizione o un dialogo, è fondamentale una correzione (ed è il minimo). Ma se le correzioni (che implicano riscritture quanto meno parziali) sono anche di più, due, tre, quattro, a ognuno il suo, la narrazione può solo guadagnarci a livello qualitativo.

Tenar
9 anni fa

La sola idea delle quindici revisioni mi crea un malessere diffuso che si irradia dallo stomaco… Ecco perché i miei racconti non saranno mai come quelli di Carver!
Due o tre revisioni le faccio volentieri, ma poi inizio a odiare il testo. Dopo la quarta mi sembra di peggiorare rispetto alla versione originale. E a quel punto di solito mi fermo o cestino il tutto.

Lisa
9 anni fa

Navigo senza bussola tra la bozza e la disperazione…
Durante la prima stesura del mio romanzo pensavo di essere al 20% dell’opera, poi quando l’ho riletto ho pensato di essere al 10%… ora alla terza revisione mi rendo conto di essere al 2%!

Se fossi ricca assumerei un’assistente che legga tutto quel che scrivo e lo renda leggibile al pubblico, mentre io mi potrei concentrare sul creare, sognare, inventare… ah, e pensare che credevo fosse la parte difficile!

Lisa
9 anni fa
Rispondi  Lisa

Quando ho iniziato la prima stesura avevo un’idea di scaletta ma ormai è cambiata una decina di volte. I personaggi hanno preso il sopravvento e mi tengono in ostaggio. La prima revisione si è bloccata a metà romanzo, il finale non aveva più senso. Per ricominciare a scrivere, dopo un mesetto ho tentato di scrivere un nuovo romanzo, che mi ha dato nuove idee per come risolvere il primo, per cui ho cominciato la seconda revisione. Di nuovo, mi sono bloccata a metà, non ho scritto per qualche settimana, ho tentato di scrivere un nuovo romanzo, mi sono ritrovata a cominciare la terza revisione, cambiando il narratore e mettendo tutto il prima persona al presente…
Spero che funzionerà, ma ormai ho i miei dubbi…

Ivano Landi
9 anni fa

Dipende dalle situazione. Nella blog novel è buona la prima, perché è un esperimento dove la revisione non è prevista.
Nel romanzo che sto terminando sono stato invece assolutamente maniacale, al punto che non c’è una sola frase che non abbia rigirato come un calzino.
Anch’io, come te, scrivo la prima stesura su carta. Poi la trasporto su computer (e nel frattempo faccio già una prima revisione). Dopodiché alterno una revisione su schermo a una su stampato finché il risultato non mi soddisfa (e ce ne vuole!).

Ivano Landi
9 anni fa
Rispondi  Andrea Cabassi

Finora non è mai successo. Ma non ne farei un dramma, visto che il rischio in questo caso è parte integrante del gioco 🙂