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Ho letto Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia ignorando di avere per le mani un gioiello della letteratura italiana del 900. Il giorno della civetta è un romanzo con la forza del racconto breve, schietto, ironico e - al contempo - terribile. Pubblicato nel 1961, è una storia ambientata nella profonda provincia siciliana e narra un episodio di mafia con le conseguenti implicazioni sia a livello locale sia nazionale, in un periodo nel quale il governo addirittura negava l'esistenza della mafia.
Oltre a mettere in scena episodi in cui è protagonista la mentalità mafiosa (e di chi ne è colluso, quindi mafioso a sua volta), Il giorno della civetta mostra le ramificazioni della mafia anche ai vertici della politica italiana, specie fra gli esponenti della mai citata ma sempre presente Democrazia Cristiana che, nel finale, [SPOILER ON] si rivela perfetto deus ex machina nello sbrogliare la situazione a favore del capomafia di turno. [SPOILER OFF]
Citazioni da Il giorno della Civetta
Pagina 3 | Pos. 41-44
Il bigliettaio bestemmiò, era un bestemmiatore di fama tra viaggiatori di quella autolinea, bestemmiava con estro: già gli avevano minacciato licenziamento, che tale era il suo vizio alla bestemmia da non far caso alla presenza di preti e monache sull’autobus. Era della provincia di Siracusa, in fatto di morti ammazzati aveva poca pratica: una stupida provincia, quella di Siracusa; perciò con più furore del solito bestemmiava.
Pagina 3 | Pos. 44-45
Vennero i carabinieri, il maresciallo nero di barba e di sonno.
Pagina 4 | Pos. 48-49
Intorno al morto stavano ora una cinquantina di persone, gli operai di un cantiere-scuola ai quali non pareva vero di aver trovato un argomento così grosso da trascinare nell’ozio delle otto ore.
Pagina 5 | Pos. 70-73
«Manca qualcosa» disse il maresciallo al carabiniere Sposito che, col diploma di ragioniere che aveva, era la colonna della Stazione Carabinieri di S. «manca qualcosa, o qualcuno…». «Il panellaro» disse il carabiniere Sposito. «Perdio: il panellaro» esultò il maresciallo, e pensò delle scuole patrie ‘non lo danno al primo venuto, il diploma di ragioniere’.
Pagina 7 | Pos. 107
Niente è la morte in confronto alla vergogna.
Pagina 8 | Pos. 115-17
Il capitano era giovane alto e di colorito chiaro; dalle prime parole che disse i soci della Santa Fara pensarono ‘continentale’ con sollievo e disprezzo insieme; i continentali sono gentili ma non capiscono niente.
Pagina 8 | Pos. 120-21
Bianca campagna, nera semenza: l’uomo che la fa, sempre la pensa dice l’indovinello della scrittura.
Pagina 13 | Pos. 186-88
Il maresciallo non capiva perché il capitano stesse applicato a studiare quelle scritture. «È come spremere una cote, non esce niente» disse, alludendo ai fratelli Colasberna e soci, e a tutto il paese, e alla Sicilia intera.
Pagina 13 | Pos. 189
«Contento tu, contenti tutti» pensò il maresciallo, che nei suoi pensieri si prendeva lo sfizio di dare del tu anche al generale Lombardi.
Pagina 19 | Pos. 277-79
Che la legge fosse immutabilmente scritta ed uguale per tutti, il confidente non aveva mai creduto, né poteva: tra i ricchi e i poveri, tra i sapienti e gli ignoranti, c’erano gli uomini della legge; e potevano, questi uomini, allungare da una parte sola il braccio dell’arbitrio, l’altra parte dovevano proteggere e difendere.
Pagina 22 | Pos. 334-35
Noi due, siciliani, alla mafia non ci crediamo:
Pagina 26 | Pos. 397-99
Parlava un dialetto comprensibile, il capitano non ebbe bisogno che il maresciallo facesse da interprete: alla signora stessa domandava il significato di certe parole, e lei qualche volta riusciva a trovare la parola italiana, o con una frase in dialetto spiegava il termine dialettale.
Pagina 28 | Pos. 425-28
Quello era, secondo il maresciallo, il momento buono per farglielo crescere, lo sgomento: per farle tanta paura da costringerla a dirlo, quel nome o soprannome: che, quant’è vero Dio, lei ce l’ha stampato in mente ce l’ha. E invece il capitano era diventato anche più gentile del solito. ‘Ma chi crede di essere, Arsenio Lupin?’ pensava il maresciallo, nei suoi lontani ricordi di lettore scambiando per poliziotto un ladro
Pagina 35 | Pos. 526-29
Che fiuto aveva, figlio di…: era nato sbirro così come si nasce preti o cornuti. Non credere che uno è cornuto perché le corna gliele mettono in testa le donne, o si fa prete perché ad un certo punto gli viene la vocazione: ci si nasce. Ed uno non si fa sbirro perché ad un certo punto ha bisogno di buscare qualcosa, o perché legge un bando d’arruolamento: si fa sbirro perché sbirro era nato.
Pagina 36 | Pos. 548-53
«Nel ’27» disse il giovane «c’era il fascismo, la cosa era diversa: Mussolini faceva i deputati e i capi di paese, tutto quello che gli veniva in testa faceva. Ora i deputati e i sindaci li fa il popolo…». «Il popolo» sogghignò il vecchio «il popolo… Il popolo cornuto era e cornuto resta: la differenza e che il fascismo appendeva una bandiera solo alle corna del popolo e la democrazia lascia che ognuno se l’appenda da sé, del colore che gli piace, alle proprie corna… Siamo al discorso di prima: non ci sono soltanto certi uomini a nascere cornuti, ci sono anche popoli interi; cornuti dall’antichità, una generazione appresso all’altra…».
Pagina 37 | Pos. 562-65
«Il popolo, la democrazia» disse il vecchio rassettandosi a sedere, un po’ ansante per la dimostrazione che aveva dato del suo saper camminare sulle corna della gente «sono belle invenzioni: cose inventate a tavolino, da gente che sa mettere una parola in culo all’altra e tutte le parole nel culo dell’umanità, con rispetto parlando…
Pagina 57 | Pos. 867-69
Forse il resto della sua vita avrebbe passato in carcere: ma a parte il fatto che c’era ormai l’abitudine, che il carcere era per lui un po’ come la casa cui si torna volentieri dalla fatica di un viaggio, forse che la vita non era un carcere?
Pagina 63 | Pos. 959-60
Di colpo le lontane vibrazioni e voci si dissolsero in una voce anch’essa lontana ma irritata e inflessibile: e sua eccellenza si trovò fuori del letto in pigiama, scalzo, ad inchinarsi e a sorridere come se inchini e sorrisi avessero potuto colare dentro il microfono.
Pagina 65 | Pos. 986
calò il telefono sulla forcella come una martellata.
Pagina 67 | Pos. 1019-26
«E come si chiama?» domandò il capitano, incuriosito dallo strano nome che il vecchio aveva pronunciato per acquietarlo. «Barruggieddu si chiama» disse il vecchio. «E che vuol dire?» domandò il capitano. «Vuol dire uno che è cattivo» disse il vecchio. «Mai sentito» disse il brigadiere. E in dialetto chiese altre spiegazioni al vecchio. Il vecchio disse che forse il nome giusto era Barricieddu, o forse Bargieddu: ma in ogni caso significava malvagità, la malvagità di uno che comanda; che un tempo i Barruggieddi o Bargieddi comandavano i paesi e mandavano gente alla forca, per piacere malvagio. «Ho capito» disse il capitano «vuol dire Bargello: il capo degli sbirri». Imbarazzato, il vecchio non disse né sì né no.
Pagina 68 | Pos. 1031-35
Salutò il vecchio e per il viottolo si avviò allo stradale. Strattando la corda che lo legava, il cane abbaiò un’ultima minaccia. ‘Bargello’ pensò il capitano ‘bargello come me: anch’io col mio breve raggio di corda, col mio collare, col mio furore’: e più si sentiva vicino al cane di nome Barruggieddu che all’antico, ma non tanto antico, bargello. E ancora pensò di sé ‘cane della legge’; e poi pensò ‘cani del Signore’, che erano i domenicani, e ‘Inquisizione’: parole che scese come in una vuota oscura cripta, cupamente svegliando gli echi della fantasia e della storia.
Pagina 69 | Pos. 1057-58
Il vostro difetto è quello di non capire che un uomo, capace di uccidere dieci persone o mille o centomila, può anch’essere un vigliacco…
Pagina 70 | Pos. 1061-62
io i conti li faccio sempre sul peggio che può venire.
Pagina 70 | Pos. 1063-67
o la catena finisce con Mariano, o Mariano, vecchio com’è, sofferente, comincia a cantare il suo rosario… E in questo caso, mio caro, la catena si allunga si allunga, si allunga tanto che mi ci posso trovare impigliato anch’io, e il ministro, e il padreterno… Un disastro, mio caro, un disastro…». «Lei vuole farmi diventare il cuore nero come la pece… Madonna santissima, e non conosce che uomo è don Mariano? Una tomba». «In gioventú era una tomba: ora è un uomo che nella tomba ha già un piede…
Pagina 70 | Pos. 1069-71
Io ho avuto tra le mani, nel ventisette, il suo fascicolo: più grosso di questo libro» indicò un volume del Bentini «e si poteva cavarne fuori una enciclopedia criminale: non mancava niente, dalla a, abigeato, alla zeta, zuffa…
Pagina 70 | Pos. 1072-73
altri amici, più grossi di me, hanno fatto il giuoco delle tre carte, con quel fascicolo
Pagina 71 | Pos. 1085-91
Certo, soffrirà di qualche scomodità: la camera di sicurezza non è il grand hotel, il tavolaccio è duro, il bugliolo fa venire la nausea; e gli mancherà il caffè, poveretto, che ne beveva una tazza ogni mezz’ora, e fortissimo… Ma tra qualche giorno lo rimettono fuori, illuminato d’innocenza come un arcangelo Gabriele: e la sua vita riprende sesto i suoi affari continuano a prosperare…». «Un momento fa lei mi ha stroncato le gambe, mi ha fatto morire la speranza: e ora…». «Un momento fa era la faccia con la croce, ora è la faccia con la testa: io dico che deve venire testa, che le cose debbono andar bene; ma può anche venire croce». «Facciamo venire testa: e la croce lasciamola a Gesú Cristo».
Pagina 72 | Pos. 1094-95
preparate per Diego un alibi di quelli che, a tentare di morderli, ci si rimettono i denti
Pagina 73 | Pos. 1111-14
Il delitto passionale, il capitano Bellodi pensava, in Sicilia non scatta dalla vera e propria passione, dalla passione del cuore; ma da una specie di passione intellettuale, da una passione o preoccupazione di formalismo, come dire?, giuridico: nel senso di quella astrazione in cui le leggi vanno assottigliandosi attraverso i gradi di giudizio del nostro ordinamento, fino a raggiungere quella trasparenza formale in cui il merito, cioè l’umano peso dei fatti, non conta più; e, abolita l’immagine dell’uomo, la legge nella legge si specchia.
Pagina 73 | Pos. 1119-21
la famiglia è l’unico istituto veramente vivo nella coscienza del siciliano: ma vivo più come drammatico nodo contrattuale, giuridico, che come aggregato naturale e sentimentale. La famiglia è lo Stato del siciliano.
Pagina 79 | Pos. 1209-10
«Sono un ignorante; ma due o tre cose che so, mi bastano: la prima è che sotto il naso abbiamo la bocca: per mangiare più che per parlare…».
Pagina 80 | Pos. 1214-20
«Io» proseguì poi don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parole piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; mezz’uomini pochi, che mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora più in giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere che la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…».
Pagina 81 | Pos. 1232-35
«Io dunque non la offendo?». «No: lei è un uomo» affermò ancora don Mariano. «E le pare cosa da uomo ammazzare o fare ammazzare un altro uomo?». «Io non ho mai fatto niente di simile. Ma se lei mi domanda, a passatempo, per discorrere di cose della vita, se è giusto togliere la vita a un uomo, io dico: prima bisogna vedere se è un uomo…».
Pagina 81 | Pos. 1237
le parole non sono come i cani cui si può fischiare a richiamarli.
Pagina 82 | Pos. 1249-56
«Certi suoi amici dicono che lei è religiosissimo». «Vado in chiesa, mando denaro agli orfanotrofi…». «Crede che basti?». «Certo che basta: la Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio». «Non ha mai letto il Vangelo?». «Lo sento leggere ogni domenica». «Che gliene pare?». «Belle parole: la Chiesa è tutta una bellezza». «Per lei, vedo, la bellezza non ha niente a che fare con la verità». «La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità».
Pagina 92 | Pos. 1409-11
«Eh sì, dici bene: incredibile… Ho conosciuto anch’io dei siciliani: straordinari… E ora hanno la loro autonomia, il loro governo… Il governo della lupara, dico io… Incredibile: è la parola che ci vuole».
Pagina 92 | Pos. 1411-12
Incredibile è anche l’Italia: e bisogna andare in Sicilia per constatare quanto è incredibile l’Italia.
Giudizio finale
Il giorno della civetta è un giallo di casa nostra, molto sensibile alla sua ambientazione siciliana, alle tradizioni e anche alle influenze linguistiche di quel territorio. Oltre alla sua importanza politica e sociale, leggerlo è stato un grande piacere e quindi si merita la bellezza di sette civette che, nella mia classificazione senza senso, valgono un po' meno di sette aquile ma sono tuttavia più di sette pisquani.
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Buon ascolto!
Obiettivi di lettura 2015: parziale
30 libri | x x x x x x x x x x x x x x x x x | 56,67% |
Libri di 10 autori mai letti | x x x x x x x x x x x x | 120,00% |
5 titoli non italiani o anglofoni | x x x x x | 100,00% |
3 libri di cui non so nulla | x x | 66,67% |
5 titoli non SF consecutivi | x x x x x | 100,00% |
Rileggere 2 libri | x | 50,00% |
5 libri di autori italiani | x x x x | 80,00% |
3 titoli di autori esordienti | x | 33,00% |
Libro in sospeso da un anno | x | 100,00% |
Libro in un giorno | x | 100,00% |
siete inutili
Grazie ma dammi pure del tu!