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Kindle Write On è l’ultimo servizio lanciato da Amazon (attualmente in beta e accessibile solo su invito): un network dedicato alla pubblicazione e alla vendita di libri self. Questo l’articolo dall’ultimo numero di Internazionale (#1081 del 12 dicembre) dove ho appreso la notizia:
Kindle Write On: come cambia il self publishing
Il mio pensiero sul self publishing – e indirettamente anche su Kindle Write On – è che, come molti strumenti accessibili a tutti, in realtà sia alla portata di pochi. Ho visto molti libri di autori autodidatti e sono tutti accomunati dalla mancanza di un editing professionale. Difficilmente si può essere bravi scrittori e bravi editor, sono due figure diverse, per usare una metafora non è detto che un bravo pilota sia anche un bravo meccanico… magari sì, ma non è detto. È vero però che l’importante è che chi acquista un libro sia messo nella condizione di sapere che cosa sta comprando: il risultato del lavoro di un team di professionisti composto da scrittore e casa editrice, oppure no? Questo Kindle Write On lo garantisce.
Inoltre non vedo perché i vari Lulu, Youcanprint & Co. (che esistono da anni) debbano essere tanto diversi da Kindle Write On. Solo perché c’è Amazon di mezzo?
La mossa è chiaramente finalizzata a soddisfare una domanda che non è la stessa di chi frequenta librerie (fisiche o virtuali), si tratta di offrire un prodotto a costo zero a un bacino di potenziali clienti con caratteristiche definite (gusti, abitudini, potere di spesa ecc.) che sa che cos’è quello che legge e tuttavia gli va bene lo stesso.
Quindi mi chiedo se l’interrogativo da porsi non sia perché Kindle Write On può essere un problema? ma come fare a incanalare questo bacino verso l’offerta di libri ben fatti? (quello che prima chiamavo il risultato del lavoro di un team di professionisti), che è un po’ come chiedersi se sia possibile proporre caviale a chi è abituato a strafogarsi di hamburger e patatine fritte.
Non condivido il ” si tratta di offrire un prodotto a costo zero a un bacino di potenziali clienti con caratteristiche definite (gusti, abitudini, potere di spesa ecc.) che sa che cos’è quello che legge e tuttavia gli va bene lo stesso ” che è un po’ come dire vendiamo roba scadente ma abbiamo la coscienza pulita perché lo dichiariamo, così ci accaparriamo quella fascia di quasi cerebrolesi semianalfabeti che non sa quello che legge, perché l’ importante è vendere e non la circolazione di buone idee e quindi una sana politica commerciale che rispetta il cliente e fa crescere gli affari procurando migliori condizioni di vita per tutti, come è giusto che sia. Bisognerebbe redarre uno statuto in cui si spiega che per accedere al servizio bisogna rispettare certi parametri di decenza, di correttezza editoriale. Poi si fa un sondaggio fra chi ha acquistato il libro autopubblicato e, in base al rispetto o meno delle regole poste come condizione, si prolunga o si blocca l’ accesso di chi si auto pubblica.
Sarebbe sicuramente una mossa molto intelligente e a tutela del lettore, però è forse troppo macchinosa… come fare inoltre per tutelarsi da commenti fasulli?
Chi acquista libri in self publishing sa (o, almeno, dovrebbe sapere) che si porta a casa un prodotto “artigianale”, con qualche pecca dentro. Il passo successivo comporta, inevitabilmente, dei costi che molti non possono permettersi. Ciononostante, mi sembra giusto che la tecnologia permetta a chiunque abbia una storia da raccontare di farlo, senza l’onere di sborsare soldi che, oggi in particolare, sono merce rara. Quindi, ben vengano servizi come quello di Amazon, che associa un bacino di clienti enorme alla possibilità di pubblicare senza costi eccessivi (ammesso che ce ne siano).
Secondo me però il nocciolo della questione non è lo strumento per “chiunque abbia una storia da raccontare”, ma che costoro vogliano essere pagati per farsi leggere, mettendosi sullo stesso piano di una casa editrice.
Ancora una volta: niente di male, a patto che chi acquista sia bene informato sul prodotto che sta comprando.
Questa è la più grande cretinata che io abbia mai letto:
“Difficilmente si può essere bravi scrittori e bravi editor, sono due figure diverse, per usare una metafora non è detto che un bravo pilota sia anche un bravo meccanico… ”
Henry Miller correggeva i suoi manoscritti da sé, e raccomandava a tutti gli scrittori di non far toccare il proprio testo da nessuno. Se un editor si mette a “ritoccare” un manoscritto (magari con lÄaiuto di un software, addirittura), dove va a finire la personalità di uno scrittore? E difatti: almeno fin dal 1980 ca. abbiamo avuto per le mani solo libri [pubblicati] che sembrano essere usciti da un’unica mente (bacata). Ridateci la vecchia eitoria, quella senza manager e… senza “editor”!
E’ lo stesso problema cui si assiste nell’industria: un’omogeneizzazione, un’omologazione del prodotto verso il basso.
Eliminiamo gli editor! Eliminiamo anche l’editore! L’autore davvero bravo è capace di correggere il manoscritto da sé, mantenendo la propria voce (che è la cosa più importante). Gli editor sono solo magna-magna, laureati asinini che cercano di campare con la fatica di un singolo.
Ciao Peter, grazie per il commento. Noterai che l’affermazione “Difficilmente si può essere bravi scrittori e bravi editor” non esclude che ciò possa verificarsi, tuttavia sarei curioso di conoscere l’origine di tutto questo astio che emerge dalle tue parole.
No so se tu sia uno scrittore self, converrai con me che se in un messaggio di neanche 15 righe infili un errore dietro l’altro, probabilmente non fai parte – come me – di quella fortunata categoria di scrittori che sono allo stesso tempo buoni editor.
Buongiorno. Una notizia che mi giunge nuova ma mi suscita grande interesse. Ho già pubblicato 4 romanzi e 1 fiaba. A parte il primo con un editore con tanto di editor (studentessa laureanda e per fortuna che mia moglie ci ha messo mano) gli altri li ho pubblicati con un piccolo editore che non edita, per l’editing mi rivolgo a mia moglie e a un’amica comune laureata in semiologia e grande lettrice. L’editing può essere fatto sia con una semplice correzione grammaticale o con un intervento anche sulla struttura del testo: tempi narrativi, azioni dei personaggi, valutazione dei dialoghi, ritmo ecc ecc. Cerco di tenere conto di tutto questo ma quando leggo ciò che viene pubblicato non sempre (e non sono il solo) trovo testi che rispettano queste caratteristiche. Cercare di fare il lavoro al meglio è fondamentale ma non sempre l’editoria dà queste garanzie. Detto ciò però passo alla ragione del mio interesse. La fiaba di cui citato ho in programma di tradurla in inglese per il mercato internazionale, pensavo di farla pubblicare da Create Space (altro self non citato nella tua lista sempre di casa Amazon o giù di lì) ma siccome non conoscevo questa nuova iniziativa di Amazon vorrei capire se per distribuire un libro nel resto del mondo è un’opportunità interessante… Puoi chiarirmi le idee su questo?
Ciao Rudy, dagli ultimi sviluppi Kindle Write On sembrerebbe essere una piattaforma per cho desidera pubblicare i propri racconti – anche a puntate – per testare la reazione dei lettori in vista di una pubblicazione. In pratica è quello che succede già su molti altri forum.
Specifico che il mio non è solo un interesse alla condivisione ma intendo porlo in vendita