Recentissimamente sono più volte stato affascinato dai bianco e nero. Dalle luci e dai grigi, una realtà dal sapore antico, anche se perfino il mondo più vecchio è sempre stato a colori.
Un sortilegio che rende le immagini più attente e gli osservatori più acuti.
Ho giocato con l’autoscatto e la schiuma da barba, anche se alla fine ho scelto una foto con solo il primo: ci sono orecchio, naso e bocca; mancano gli occhi.
Gli occhi mancano perché non sono in grado di mentire, non è nella loro natura, il loro compito è solo riflettere: l’esterno verso l’interno e l’interno verso l’esterno.
Non comunicano, non rielaborano, non fanno nulla se non mostrare la realtà.
Ho giocato con l’autoscatto e la schiuma da barba, anche se alla fine ho scelto una foto con solo il primo: ci sono orecchio, naso e bocca; mancano gli occhi.
Gli occhi mancano perché non sono in grado di mentire, non è nella loro natura, il loro compito è solo riflettere: l’esterno verso l’interno e l’interno verso l’esterno.
Non comunicano, non rielaborano, non fanno nulla se non mostrare la realtà.
Gli occhi sono divini, non umani, non è possibile intrappolare la verità poiché questa ci è superiore… la bocca potrà anche dire ti amo, l’occhio ama e basta.
Nella foto c’è tutta la sacralità e la forza di questo sguardo, talmente vivo da rendere irrispettoso metterlo in mostra, quasi sacrilego verso ciò che riflette. Perché riflette, e negarlo è inutile, anche il tentativo di camuffarlo risulterebbe inefficace: non si mente con gli occhi, al massimo si possono lasciare fuori dall’inquadratura.