Le fontane del paradiso – Arthur C. Clarke (citazioni)

da | 22 Set 2015

Ho letto Le fontane del paradiso di Clarke proseguendo nella mia rassegna dei romanzi fantascientifici vincitori dei principali premi del settore: il Nebula e l’Hugo: li ha infatti vinti entrambi nella stagione 1979/80.
Con questo romanzo, Clarke mostra al grande pubblico il concetto di ascensore spaziale: nel romanzo un team di ingegneri lo costruisce sulla cima di un picco montano sull’immaginaria isola equatoriale di Taprobane.

Le fontane del paradiso - Arthur C. ClarkeIl primo a ipotizzare qualcosa di simile è stato il russo Konstantin Ciolkovskij che, a fine XIX secolo, nel suo saggio dal sapore fantascientifico Sogni sulla Terra e sul cielo teorizzò una torre che dalla base sulla Terra avesse la sommità al limite dell’orbita geostazionaria, da allora chiamata Torre di Ciolkovskij.
Come già fatto per l’orbita geostazionaria terrestre (Clarke fu il primo a ipotizzare l’utilizzo dell’orbita geostazionaria per i satelliti dedicati alle telecomunicazioni; non a caso è chiamata anche Fascia di Clarke), tutto questo dimostra quanto l’effetto trainante della fantascienza possa essere importante nella storia dell’uomo (nella seconda metà del XX secolo sono stati numerosi gli studi di fattibilità per l’ascensore spaziale).

Quarta di copertina

“‘Un gigante della fantascienza’ è definito Arthur C. Clarke, il profeta dell’Odissea 2001, nell’autorevole e severo Who’s Who in Science Fiction di Brian Ash.” Così scrivevano, nel 1979, gli allora vati della sf in Italia, Carlo Fruttero e Franco Lucentini, presentando la prima edizione di questo celebre romanzo. E poco importa se il critico citato non era, in realtà, né severo né tantomeno autorevole: prendiamolo come un gesto munifico dei Nostri verso tutto quanto è british, per un impeto d’entusiasmo nato dalla lettura delle “Fontane del paradiso”. Che non è solo un libro ricercatissimo, e qui proposto per la prima volta dopo trentaquattro anni, ma è la realistica, insuperata storia del prometeico elevatore spaziale.

Citazioni da Le fontane del paradiso

Un giorno, forse, Kalidas sarebbe diventato troppo debole per riuscire a raggiungere il suo palazzo. Ma dubitava che quel giorno sarebbe mai venuto: i suoi molti nemici gli avrebbero risparmiato le umiliazioni della vecchiaia.

Kalidas riponeva più fiducia nelle sue spie che nei suoi astrologi

ricordava le montagne ancora più alte che aveva visto da giovane, quando era stato per metà ospite e per metà ostaggio alla corte di Mahinda il Grande.

Grazie a lunghe e amare esperienze, Rajasinghe aveva imparato a non fidarsi mai delle prime impressioni, ma anche a non ignorarle mai.

Attento agli uomini piccoli, si era detto spesso, perché sono loro che muovono e scuotono il mondo.

il vento non ascolta le preghiere di un ragazzo

Ora gli dèi erano scomparsi, ma i monaci restavano. Rappresentavano qualcosa che Morgan non comprendeva, e che quindi avrebbe trattato con ogni rispetto.

Ma poi, molto prima che le fiamme avessero terminato il loro lavoro, i serbatoi presero a svuotarsi e i getti d’acqua si esaurirono rovinosamente. Prima che si alzassero di nuovo nei giardini di Kalidas, la Roma imperiale sarebbe scomparsa, i soldati dell’Islam si sarebbero spinti oltre l’Africa, Copernico avrebbe tolto la terra dal centro dell’universo, la Dichiarazione d’Indipendenza sarebbe stata firmata, e gli uomini avrebbero camminato sulla Luna…

anche i più accesi rivali amavano Maxine quasi quanto l’invidiavano.

I prodotti di scarico abbandonati nelle zone più alte dell’atmosfera hanno scatenato mutamenti climatici che potrebbero produrre conseguenze molto serie. Tutti ricordano l’epidemia di cancro alla pelle degli anni Venti, causata da un’infiltrazione di raggi ultravioletti, e i costi astronomici dei prodotti chimici che furono necessari per ricostruire l’ozonosfera.

— Dovete essere impazzito. Ricordate quello che vi ha detto il dottor McPherson… — Quell’idiota di scozzese guarda sempre i miei cardiogrammi al contrario.

Secondo la leggenda sono occorsi dieci anni per farla salire lungo la montagna… e le vite di cento uomini. — Quando viene usata? — chiese Morgan, dopo aver digerito l’informazione. — A causa della sua origine nefasta viene suonata solo in tempi di disastro. Io non l’ho mài sentita, così come non l’ha udita nessuno uomo oggi vivente. Ha suonato una volta, senza aiuti umani, durante il grande terremoto del duemiladiciassette. E la volta prima suonò nel millecinquecentoventidue, quando gli invasori iberici bruciarono il Tempio del Dente e s’impossessarono della Sacra Reliquia. — Allora, dopo tanti sforzi, non è mai stata usata? — Forse una dozzina di volte negli ultimi duemila anni. Sulla campana grava ancora la maledizione di Kalidas. “Sarà una buona politica religiosa” non poté impedirsi di pensare Morgan “ma da un punto di vista economico non ci siamo.”

— L’impronta del piede — disse. — I musulmani credevano che fosse l’impronta d’Adamo, fermatosi qui dopo essere stato cacciato dal paradiso terrestre. Gli indù l’attribuivano a Shiva o Saman. Ma per i buddisti, ovviamente, era l’impronta dell’Illuminato. — Vedo che usate il passato — disse Morgan, in un tono scrupolosamente neutro. — Adesso cosa si crede? La faccia del monaco non mostrò la minima emozione. — Il Buddha era un uomo, come voi e me. L’impronta nella roccia, e la roccia è “molto” dura, è lunga due metri. Col che la questione sembrò chiudersi.

Notò che il monaco più giovane, aveva i capelli lunghi e una barba immensa; probabilmente farsi rasare non era obbligatorio.

Ora che Stellaplano ha raso al suolo tutte le religioni tradizionali, possiamo finalmente prestare un’attenzione seria al concetto di Dio.

Considerata l’immensa varietà di culture prodotte sulla Terra da un’unica specie, era ovvio che fra le stelle si sarebbe riscontrata una varietà ancora maggiore, dato che ogni tipo di biologia concepibile era possibile.

L’ipotesi da voi denominata Dio, per quanto non respingibile sull’unica base della logica, non è necessaria per la ragione che segue. Se voi presumete che l’universo può essere cito spiegato fine citazione come creazione di un’entità conosciuta come Dio, egli deve ovviamente possedere un grado d’organizzazione superiore al suo prodotto. Così voi avete più che raddoppiato le dimensioni del problema di partenza, e avete compiuto il primo passo su un regresso divergente all’infinito. Guglielmo d’Occam ha fatto notare sin dal vostro quattordicesimo secolo che le entità non debbono essere moltiplicate senza necessità. Di conseguenza non riesco a capire perché questo dibattito prosegua.

Nel frattempo, fra gli innumerevoli altri effetti esercitati sulla cultura umana, Stellaplano aveva portato a compimento un processo già molto sviluppato. Aveva messo fine ai miliardi di parole di pie sciocchezze con cui, per secoli, uomini apparentemente intelligenti si erano imputriditi il cervello.

Dopo quella lunga notte, Morgan avrebbe gradito due uova, ma immaginò che anche quelle fossero proibite. No, l’aggettivo era eccessivo: Sarath gli aveva detto che l’Ordine non proibiva niente, dato che non credeva in niente d’assoluto. Però aveva una scala di tolleranza calibrata al millimetro, e il distruggere una vita, anche una vita potenziale, non era un atto che godesse di troppo favore.

— Noi non mangiamo prima di mezzogiorno. La mente funziona con chiarezza maggiore nelle ore del mattino, per cui non bisogna distrarla con cose materiali.

Per lui, uno stomaco vuoto poteva essere una distrazione enorme

Mormorando quelle che dovevano essere senza dubbio alcune delle migliori bestemmie in taprobani, l’autista scese e ripulì il vetro.

«Quasi tutte le simulazioni computerizzate di Storia Alternativa lasciano intendere che la battaglia di Tours (732 d.C.) sia stata uno dei disastri più cruciali per l’umanità. Se Carlo Martello fosse stato sconfitto, l’Islam poteva risolvere i conflitti interni che lo stavano divorando e proseguire la conquista dell’Europa. Così si sarebbero evitati secoli di barbarie cristiana, la rivoluzione industriale sarebbe iniziata almeno con mille anni d’anticipo, e oggi avremmo raggiunto le stelle più vicine, anziché i pianeti più vicini… …Ma il fato ha voluto altrimenti, e gli eserciti del Profeta sono tornati in Africa. L’Islam è sopravvissuto, come un affascinante fossile, quasi sino alla fine del ventesimo secolo. Poi, improvvisamente, si è dissolto nel petrolio…»

duecento anni non sono poi molti per passare dai cammelli alle navi.

Anche in quell’epoca di comunicazioni istantanee e di trasporti planetari velocissimi era opportuno avere un posto che potesse fungere da ufficio. Non tutto si poteva ridurre a impulsi elettronici; esistevano ancora cose come i cari vecchi libri, gli attestati professionali, i premi e le menzioni, i modellini di lavoro, i campioni di materiale, i disegni artistici dei progetti (non accurati come quelli d’un computer, ma molto ornamentali), e naturalmente il tappeto “wall-to-wall” di cui ogni burocrate navigato aveva bisogno per ammorbidire l’impatto della realtà esterna.

D’improvviso i cavi di supporto si spezzarono, volando in alto come micidiali fruste d’acciaio. Contorcendosi, capovolgendosi, l’autostrada precipitò nel fiume, e frammenti della costruzione si scagliarono in ogni direzione. Anche se il filmato veniva proiettato a velocità normale, sembrava che il cataclisma finale si svolgesse al rallentatore: la scala del disastro era talmente ampia che la mente umana non possedeva metri di paragone. In realtà tutto durò forse cinque secondi; dopo i quali, il ponte di Tacoma Narrows si guadagnò un posto perenne nella storia dell’ingegneria. Duecento anni più tardi, sulla parete dell’ufficio di Morgan c’era una foto dei suoi ultimi momenti, con la didascalia: “Uno dei nostri prodotti di minor successo”.

Una delle specialità più irritanti di Paul Sarath era la chiamata improvvisa, allegra o triste secondo i casi, che inevitabilmente si apriva con le parole: — Hai sentito la notizia? — Rajasinghe era stato spesso tentato di dargli una risposta generica: — Sì, non sono affatto sorpreso. — Ma non aveva mai trovato il coraggio di privare Paul di quel piacere così semplice.

Se la sanguinosa storia dell’umanità aveva insegnato qualcosa, era che solo i singoli individui avevano importanza

Condotto alla disperazione dagli sforzi vani per comprendere l’Universo, il saggio Devadas, esasperato, annunciò infine: OGNI FRASE CHE CONTENGA LA PAROLA DIO È FALSA. All’istante, il discepolo che meno amava, Somasiri, replicò: – La frase che sto pronunciando contiene la parola Dio. Non riesco a vedere, o Nobile Maestro, come questa semplice frase possa essere falsa. Devadas considerò la questione per diversi Poya. Poi rispose, questa volta con apparente soddisfazione: SOLO LE FRASI CHE “NON” CONTENGONO LA PAROLA DIO POSSONO ESSERE VERE. Dopo una pausa appena sufficiente a una mangusta affamata per ingoiare un seme di miglio, Somasiri replicò: — Se questa frase si applica a se stessa, o Venerabile, non può essere vera, poiché contiene la parola Dio. Ma se “non” è vera… A questo punto Devadas ruppe la sua ciotola per la carità sulla testa di Somasiri, e deve quindi essere onorato come vero fondatore dello Zen. (Da un frammento del “Culavamsa”, non ancora scoperto).

“L’azione giusta” è facile da intuire, ma non da spiegare.

Era cieco alle bellezze della terra e del cielo che gli stava attorno; poiché esse erano assolutamente banali a paragone di quelle che lui solo poteva vedere, nell’esercito di equazioni che gli marciava in mente.

È la solita storia: saremo lieti di aiutarvi quando non vi servirà più aiuto.

Su Marte, nonostante l’atmosfera rarefatta, abbiamo tempeste terribili… però anche montagne che si alzano molto al di sopra delle tempeste. La vostra Sri Kanda è alta solo cinque chilometri. Noi abbiamo il Mons Pavonis: ventun chilometri, ed esattamente sull’equatore! Ancora meglio, sulla sua cima non esistono monaci marziani con diritti di proprietà a lungo termine.

Morgan infilò il biglietto da visita del banchiere nell’ingresso di memoria del suo comunicatore e controllò che si accendesse la scritta REGISTRATO. Prima di restituire il biglietto aveva già deciso.

Nemmeno per un istante aveva rimpianto il fatto che lui e Ingrid si fossero separati da buoni amici, senza neanche prendere in considerazione il solito contratto annuale. Lei era riuscita a rendere moderatamente infelici altri tre uomini prima di trovarsi un lavoro nella Commissione Lunare, e Morgan l’aveva persa di vista.

— Dovevo immaginarmelo — disse il banchiere, depresso — che la risposta si trovava in una di quelle appendici tecniche che non ho mai guardato.

Sappiamo sempre dove si troverà Phobos e possiamo controllare lo spostamento della torre semplicemente attraverso la pianificazione del traffico. “Semplicemente” pensò Morgan, non era il termine esatto, ma chiunque poteva comprendere che era possibile.

La razza umana aveva imparato, da lezioni durissime, a non mettere tutte le uova nello stesso paniere.

Maxine Duval non era certa che il maggior antagonista di Morgan indulgesse a un esercizio così ingenuo come la preghiera. Ma se aveva pregato per ottenere quella tempesta miracolosa, le sue richieste stavano per ottenere risposta. Gli Dèi della Montagna si stavano risvegliando.

— Se ci sono abbastanza uomini che credono in una leggenda, diventa vera.

“Lo accetto con riluttanza” pensò Morgan. “C’è qualcosa di molto strano in un universo dove qualche cadavere di farfalla può controbilanciare una torre da un miliardo di tonnellate.”

Con lui non si doveva mai dare niente per scontato. A volte le sue domande erano dettate dalla pura curiosità (spesso la curiosità di chi è talmente sicuro di sé da non aver bisogno di fingere di sapere, per dignità), ma certo non trascurava mai nessun dettaglio.

— Oh… Uno di quegli aggeggi. — Sì. Uno di “quegli” aggeggi. Salvano circa dieci milioni di vite l’anno. Pezzi grossi del governo, uomini d’affari importanti, eminenti scienziati, ingegneri di fama e altri stupidi del genere. Mi chiedo spesso se ne vale la pena. Può darsi che la natura stia cercando di dirci qualcosa che noi non ascoltiamo.

Un tempo, uno dei compiti più modesti (ma spesso più importanti) di ogni uomo civile era l’aggiornamento regolare del taccuino d’indirizzi. Il codice universale aveva reso superflua quell’operazione: bastava conoscere il numero d’identità personale di un individuo per poterlo rintracciare entro pochi secondi. E anche se non si conosceva il numero, in genere i normali programmi di ricerca potevano scoprirlo piuttosto in fretta, servendosi della data approssimativa di nascita, della professione e di pochi altri dettagli (ovviamente si creava qualche problema se il nome era Smith, o Singh, o Mohammed…). Lo sviluppo della rete mondiale d’informazioni aveva reso superfluo anche un altro dovere noioso. Bastava contrassegnare con una sigla particolare i nomi degli amici a cui si volevano porgere gli auguri per il compleanno o per occasioni simili, e il computer domestico avrebbe provveduto a tutto. Il giorno stabilito (a meno che, come succedeva spesso, non si fosse commesso qualche stupido errore di programmazione) il messaggio più appropriato sarebbe giunto automaticamente a destinazione. E per quanto il destinatario potesse sospettare che le calde parole che apparivano sul suo schermo fossero opera solo di strumenti elettronici, e che magari chi le firmava non pensava a lui da anni, il gesto era sempre gradito. Ma la tecnologia che aveva eliminato certe necessità ne aveva create altre, ancor più imperiose. Fra tutte, la più importante era forse la programmazione del Sommario degli Interessi Personali. Molti aggiornavano il proprio SIP a Capodanno, o quando compivano gli anni. L’elenco di Morgan conteneva cinquanta voci; aveva sentito parlare di gente che ne aveva centinaia. Probabilmente passavano tutte le ore della giornata a lottare col fiume d’informazioni, a meno che non si trattasse solo di burloni che si divertivano a programmare il segnale d’allarme per impossibilità classiche del tipo: “Uova, dinosauro, rinvenimento di” “Cerchio, quadratura del” “Atlantide, emersione di” “Cristo, secondo avvento di” “Mostro di Loch Ness, cattura del” E per chiudere in bellezza: “Mondo, fine del”. In genere, com’è ovvio, egocentrismo e interessi professionali facevano sì che il nome dell’utente fosse il primo di ogni elenco. Morgan non faceva eccezione, ma le voci successive erano piuttosto insolite: “Torre, orbitale” “Torre, spaziale” “Torre, (geo) sincrona” “Elevatore, spaziale” “Elevatore, orbitale” “Elevatore, (ego) sincrono”. Quelle definizioni comprendevano quasi tutte le varianti usate dai mass-media, e gli permettevano di controllare almeno il novanta per cento delle notizie relative al suo progetto. In gran parte si trattava di sciocchezze, e a volte si chiedeva se valeva la pena di controllarle: le notizie davvero importanti gli sarebbero arrivate in fretta.

Ma non era facile sistemare Paperino. Ovviamente non si chiamava così; però l’atteggiamento indignato e critico del dottor Donald Bickerstaff, del tutto peculiare, faceva pensare spesso a quel personaggio della mitologia del ventesimo secolo.

Era un vero peccato, pensava Morgan, che non fosse possibile chiudere Bickerstaff in una stanza col dottor Goldberg-Parakarma: si sarebbero annullati a vicenda, come elettrone e positrone. Il genio dell’uno avrebbe distrutto la fondamentale stupidità dell’altro. Quella stupidità incrollabile contro cui, come lamentava Goethe, persino gli dèi lottavano invano.

— Posso capire — disse con aria stanca — che una povera ragazzina, un’aspirante giornalista che tenti disperatamente di farsi un nome, faccia salti di gioia davanti a una possibilità del genere. Non voglio distruggere una carriera promettente, ma la risposta è un no definitivo. La decana dei giornalisti uscì in una sfilza di parole assai poco adatte a una signora, o anche a un signore, parole che non si udivano spesso sui circuiti pubblici.

“L’uomo possiede una straordinaria abilità, forse provvidenziale, di rimuovere dalla propria coscienza le possibilità future più spaventose. Il contadino romano che arava i fianchi del Vesuvio non si preoccupava della presenza del vulcano. Metà del ventesimo secolo ha vissuto con la bomba all’idrogeno, metà del ventunesimo col virus Golgota. ‘Noi’ abbiamo imparato a vivere con la minaccia (o promessa) di Stellisola.”

una parte delle scalinate era bloccata da un albero precipitato; come se la natura, dopo tremila anni, volesse avvisare che stava per riprendersi quello che le spettava

Non ti senti sola, lassù? Per un attimo ci fu un silenzio insolito. Poi Maxine Duval rispose dolcemente: — Non sola come dev’essersi sentito Yuri Gagarin, cento chilometri più in alto di me. Van, hai donato qualcosa di nuovo al mondo. Può darsi che il cielo sia ancora crudele, ma tu l’hai ammansito. Sì, forse qualcuno non avrà mai il coraggio d’affrontare questo viaggio: mi spiace molto per lui.

Come ogni creazione dell’umanità, la Torre sarebbe stata esposta alle meteoriti. Parecchie volte al giorno il suo sistema di sismometri avrebbe registrato impatti nell’ordine dei milligrammi; ed erano prevedibili danni strutturali di lieve entità una o due volte l’anno. E prima o poi, nei secoli futuri, si sarebbe forse scontrata con una meteora gigante che per un po’ avrebbe messo fuori uso uno o più binari. Nel peggiore dei casi, la Torre poteva finire spezzata in un punto. Il che aveva le stesse possibilità di verificarsi quanto l’impatto di una gigantesca meteorite su Londra o Tokyo, che all’incirca rappresentavano un bersaglio di dimensioni simili. Gli abitanti delle due città non perdevano molto sonno per la preoccupazione di un evento del genere. E nemmeno Vannevar Morgan. A parte i problemi che il futuro poteva riservare, ormai più nessuno dubitava che la Torre Orbitale rappresentasse un’idea di cui era giunto il momento.

Qualsiasi sciocco poteva trasmettere i propri geni, e quasi tutti lo facevano. Però, che la storia gli rendesse credito o meno, pochi uomini avrebbero potuto fare quello che lui aveva fatto e stava per fare.

Chang si sarebbe preoccupato moltissimo se avesse saputo che le alette erano ancora fredde. Perché l’energia non si può distruggere; deve andare “da qualche parte”. E molto spesso va dalla parte sbagliata.

In certe occasioni, l’abilità personale e il coraggio allo stato puro non erano sufficienti; nessun uomo poteva combattere le paure che gli erano state imposte sin dalla nascita, o durante la prima infanzia.

un ragazzo che sapeva quando non essere d’impiccio era eccezionalmente promettente.

Ormai l’ambasciatore Rajasinghe aveva bisogno di poco sonno. Era come se la Natura, benevolmente, gli stesse concedendo di sfruttare al massimo gli anni che gli rimanevano.

Non doveva mai dimenticare che, nonostante l’altezza raggiunta, non era un astronauta, libero da ogni peso e costrizione. Era solo un uomo che si trovava in un edificio alto quattrocento chilometri, e che si preparava ad aprire la finestra.

Quanti aerei non si erano schiantati sull’orlo della pista, dopo aver attraversato un oceano? Quante volte le macchine o i muscoli non avevano ceduto a pochi millimetri dal punto d’arrivo? Fortuna e sfortuna accadevano a tutti, in un modo o nell’altro. Non aveva diritto di aspettarsi un trattamento speciale.

Per respirare attraverso i filtri occorreva uno sforzo leggermente maggiore del normale, ma la natura non dà mai niente per niente, ed era un prezzo modestissimo da pagare.

È convinta che il sole stia per spegnersi o per scoppiare, non ho capito bene, e vuole avvertire il mondo prima di morire. Sai a cosa servirebbe! Io preferirei non sapere niente.

Diede un colpetto alla superficie liscia, rigida della Torre, che a paragone con lui era più enorme di quanto non lo fosse un elefante rispetto a un’ameba. Però nessuna ameba poteva immaginare un elefante, e tanto meno crearlo.

A est, a metà del cielo, c’era Confucio, molto più in basso Kamehameha, mentre in alto a ovest si levavano Kinte e Imhotep.

L’Isolano non si turbò. Era paziente, e i bambini della Terra erano infinitamente affascinanti, sia come biologia che come psicologia. Come lo erano i piccoli di ogni creatura; ovviamente, delle creature che “avevano” piccoli.

A un lato dello spettro c’erano figure come Colombo e Leonardo e Einstein e Lenin e Newton e Washington, di cui spesso si conservavano ancora le voci e l’immagine. All’estremo opposto si trovavano Zeus e Alice e King Kong e Gulliver e Sigfrido e Merlino, che “senz’altro” non potevano essere esistiti nel mondo reale. Ma che dire di Robin Hood o Tarzan o Cristo o Sherlock Holmes o Ulisse o Frankenstein? Data per scontata una certa dose d’esagerazione, potevano anche essere stati veri personaggi della storia umana.

Le fontane del paradiso: giudizio finale

Ho letto con grande piacere Le fontane del paradiso, conosco ormai Clarke per Incontro con Rama e Le Sabbie di Marte, quindi sapevo già cosa mi avrebbe aspettato: fantascienza hard ricca di spiegazioni e curiosità e sempre ottimamente narrata; non sono stato deluso. Clarke ipotizza con alcuni decenni di anticipo la formazione dei buchi dell’ozono e la creazione di una rete informatica globale (a un certo punto descrive anche Google Alert), che sommate alle altre predizioni non può che lasciarci di stucco per la sua genialità.
Per tutto ciò, e per altro che scoprirete leggendo questo ottimo lavoto di Clarke, nella mia classifica ballonzolante al 21% e casuale al restante 79%, Le fontane del paradiso si guadagna otto irresistibili cartelli indicatori per i locali dell’ascensore. Voi a che piano salite?

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Obiettivi di lettura 2015: parziale

30 librix x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x76,67%
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3 libri di cui non so nullax x x x133,33%
5 titoli non SF consecutivix x x x x100,00%
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4 Commenti
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Marina
8 anni fa

I’m sorry, io resto a piano terra: il genere non mi attrae! 🙁

Tenar
8 anni fa

Clarke mi manca. Troverò il tempo per rimediare?